Macbeth: Follia, cupidigia e destino di Oscar Serino, Basilio Sciacca

Visioni e allucinazioni, ovvero follia e sovrannaturale


In tutta l’opera ricorrono allucinazioni e visioni [F11] [Es13] [I13] [E16] di ogni tipo: fungono da monito della complice colpevolezza dei Macbeth che si macchiano di delitti sempre più atroci.
Quando Macbeth è sul punto di uccidere Duncan, gli appare un pugnale sospeso a mezz’aria. Intriso di sangue e puntato verso la stanza del sovrano, il pugnale rappresenta la strada di dannazione sulla quale l’eroe si sta incamminando. In seguito, durante il banchetto, gli appare Banquo seduto su una sedia come fosse ancora vivo. In realtà Banquo è caduto sotto i colpi della sua mano crudele. Anche la forte razionalità di Lady Macbeth non dura a lungo: ben presto inizia ad avere delle visioni, a soffrire di sonnambulismo e si convince di avere ancora delle macchie di sangue sulle mani, macchie persistenti e incancellabili.
In entrambi i casi lo spettatore rimane nel dubbio: la visione è reale o si tratta di semplici allucinazioni? In ogni modo, i Macbeth li interpretano come segnali ultraterreni della colpa che portano.

Nel tempo che intercorre dal primo fugace incontro con le streghe alle ultime visioni spettrali che tormentano Macbeth, si colloca una lunga schiera di morti: molti di questi sono suoi amici e “parenti”. Però il suicidio della moglie nell’atto V, scena IV, lo fa precipitare nell’abisso della follia più totale.
Lady Macbeth è come un’appendice fondamentale di Macbeth. Operano in simbiosi, pensano all’unisono e quando l’appendice si spegne, Macbeth perde definitivamente il contatto con la realtà. La moglie era la custode esclusiva dei suoi segreti e dei suoi tormenti.
Persino nella sua morte vi è un elemento sovrannaturale: nel primo atto dell’opera, aveva evocato le forze della natura affinchè la fortificassero. Questo è il monologo che segna il destino della donna: “… Venite, o voi spiriti che vegliate sui pensieri di morte, in quest'istante medesimo snaturate in me il sesso, e colmatemi tutta, da capo a piedi, della più atroce crudeltà. Spessite il mio sangue, occludete ogni accesso ed ogni via alla pietà, affinché nessuna contrita visita dei sentimenti naturali scuota il mio feroce disegno o stabilisca una tregua fra lui e l'esecuzione. Venite alle mie poppe di donna, e prendetevi il mio latte in cambio del vostro fiele, o voi ministri d'assassinio, dovunque (nelle vostre invisibili forme) siate pronti a servire il male degli uomini. Vieni, o densa notte, e ammàntati del più perso fumo d'inferno…” (Atto I, scena V). Chiede agli spiriti di essere virilizzata e di sostituire il latte del suo seno con il fiele. Dalle sue parole cariche di enfasi si deduce che vorrebbe diventare la creatura più malvagia del mondo (vedi rapporto tra crudeltà e virilità).

Il tema del ciclo vitale risulta amplificato dal fatto che la signora si rivolge agli spiriti della natura. È l’inizio della sua fine. È lei che insiste perché Macbeth uccida il re per diventare re di Scozia. Sono i suoi piani diabolici che trascinano lei e il marito nei gironi dell’inferno. Allo stesso tempo la responsabilità va condivisa. È Macbeth che decide di spingersi oltre, macchinando altri omicidi finalizzati alla conservazione del potere.

Ogni volta che Macbeth entra in contatto con una profezia sovrannaturale, scende di un gradino verso il baratro della follia e a lungo andare ne muore. La scomparsa della moglie gli dà il colpo di grazia. In tutta l’opera si nota un meccanismo costante: ad ogni morte accompagnata da un evento sovrannaturale, si assiste a uno sgretolamento del suo equilibrio psichico.
Il Macbeth può essere letto come il ciclo vitale di un uomo in balia di forze della natura che si illude di controllare, ma da cui finisce per esserne schiacciato mentalmente e fisicamente.
Il primo fugace incontro di Macbeth con le streghe rappresenta davvero l’inizio della fine.

   7/15   

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Edurete.org Roberto Trinchero