Macbeth: Follia, cupidigia e destino di Oscar Serino, Basilio Sciacca

Il rapporto tra crudeltà e virilità


In Macbeth il tema del genere ricorre spesso. Lady Macbeth manipola il marito mettendo in dubbio la sua virilità, desidererebbe essere asessuale, e non contraddice Macbeth quando si sente dire che una donna come lei dovrebbe partorire solo figli maschi.
Proprio come Lady Macbeth sprona il marito a commettere omicidi, così anche Macbeth stuzzica l’orgoglio dei sicari che uccideranno Banquo mettendone in discussione la virilità.
Tali azioni dimostrano che la coppia diabolica fa coincidere la mascolinità con la violenza più efferata e, ogni qual volta discute della virilità, ecco che in breve tempo sopraggiunge un nuovo omicidio. La loro concezione della virilità è alla base dello sgretolamento politico descritto nell’opera. Esso evolve rapidamente in direzione del caos. Allo stesso tempo il pubblico non può fare a meno di notare che anche le donne sono all’origine della malvagità e della violenza. Le profezie delle streghe scatenano l’ambizione di Macbeth e acuiscono le sue pulsioni aggressive. Lady Macbeth gioca la parte della stratega che sovrintende ai complotti del marito. L’unico essere divino a fare la sua comparsa è Ecate, la dea della stregoneria.

Si potrebbe sostenere che Macbeth sia uno strumento di morte in mano alle donne. Tale interpretazione porta alcuni critici a considerare il Macbeth come l’opera più misogina di Shakespeare. Tuttavia, é vero che gli uomini sono crudeli e propensi al male quanto le donne, ma l’aggressività dei personaggi femminili lascia ancora più turbati perché ribalta i canoni tradizionali che le raffigurano come portatrici di conciliazione e saggezza.
Il comportamento di Lady Macbeth indica che le donne possono essere crudeli e spietate quanto gli uomini. L’unica differenza nel raggiungimento degli obbiettivi è che, per via delle convenzioni sociali o a causa della propria vigliaccheria, Lady Macbeth utilizza il sotterfugio e la manipolazione psicologica piuttosto che la violenza.
In ultima analisi la tragedia offre una definizione riveduta e corretta della virilità [I10] [Es11] [E12] [E13].


Nella scena in cui Macduff scopre che sua moglie e i suoi figli sono stati massacrati, Malcolm lo conforta consigliandogli di affrontare la notizia come un vero uomo, cioè ricorrendo alla vendetta. Macduff dimostra apertamente al giovane erede che si è fatto un’idea distorta della virilità. Ecco le parole di Malcolm: “Fatevi coraggio! Per guarire da questo mortale dolore, serviamoci come medicina, della nostra grande vendetta… Ragionate la cosa da uomo!”. Allora Macduff replica: “Sì, ma io devo anche sentirla da uomo: e non posso fare a meno di ricordarmi che vivevano esseri che per me erano preziosissimi” (Atto IV, scena III). Alla fine dell’opera Siward non si scompone più di tanto quando gli riferiscono che suo figlio è morto. Malcolm allora ribatte: “Egli merita maggior rimpianto, ed io glielo tributerò” (Atto V, scena IX). Questo commento dimostra come Malcolm abbia imparato la lezione sulla cosiddetta “virilità” impartitagli da Macduff e, in una prospettiva di speranza, suggerisce che con Malcolm sul trono di Scozia, l’ordine verrà ripristinato.

Banquo dice alle streghe: “voi dovete esser donne, ma tuttavia la vostra barba mi impedisce di persuadermi che lo siete davvero” (Atto I, scena III). Il “dovete” indica che si tratterebbe di donne, probabilmente per via dei vestiti. In realtà le barbe alludono a caratteristiche da ermafrodita. Lady Macbeth, dicendo fra sé e sé che è in grado di uccidere Duncan, esclama: “Venite, o voi spiriti che vegliate sui pensieri di morte, in quest'istante medesimo snaturate in me il sesso, e colmatemi tutta, da capo a piedi, della più atroce crudeltà” (Atto I, scena V). È convinta che, se potesse cambiare sesso, non proverebbe né indecisione né rimorso. Sarebbe uno spietato assassino, come un vero uomo. Quando Macbeth osa dire alla moglie che Duncan non merita di morire, lei lo accusa di essere un codardo e lui la supplica di tacere: “Ti prego, taci. Io ho il coraggio di fare tutto quello che ad un uomo può essere decoroso fare; chi osa far di più, non è un uomo” (Atto I, scena VII). Egli pensa che un vero uomo non si presterebbe all’omicidio. Sua moglie non è d’accordo e replica: “Allora che bestia era quella che vi indusse a palesarmi questo disegno? Allorché osavate compierlo, eravate un uomo; e ad essere più di quello che allora eravate tanto più sareste un uomo” (ibidem). Con queste parole la questione è chiusa.

Nella scena in cui Macduff scopre il corpo insanguinato di re Duncan e sveglia tutto il castello, la maggior parte dei personaggi entra in scena in abiti da notte. Quando Banquo propone agli altri ospiti del castello di incontrarsi per discutere della morte del re, dice che tutti devono presentarsi vestiti per coprire le proprie fragilità: “E quando avremo coperto il nostro ignudo frale, che soffre, esposto così all'aria, vediamoci, e discutiamo questa sanguinosissima faccenda per conoscerla più addentro (Atto II, scena III). Macbeth è d’accordo nel radunarsi e aggiunge: “Vestiamoci prestamente di tutto punto e riuniamoci nella sala TUTTI: D'accordo!”. In pratica si deduce che Macbeth si sente più umano quando indossa i suoi abiti normali.

Quando Macbeth tenta di convincere due uomini che Banquo è il nemico, essi non reagiscono come lui spera. A quel punto domanda sarcasticamente se hanno intenzione di lasciare che Banquo tenga le loro famiglie per sempre povere. Anziché mostrare a Macbeth l’odio profondo che gli farebbe piacere notare, il primo sicario si limita a dire: “Noi siamo uomini, mio sovrano”. Allora il protagonista della tragedia rincara la dose: “Sì, nel catalogo figurate come uomini, a quel modo che i segugi e i levrieri, i bastardi, gli spagnoli, i botoli, i barboni, i bracchi, e i mezzilupi, sono chiamati tutti col nome di cani: ma la lista che ne indica il valore, distingue il cane veloce, quello lento, quello astuto, quello da guardia, quello da caccia, ognuno secondo la dote che la natura provvida ha riposto in lui; per questo ciascuno riceve un aggiunto particolare, il quale non è nel catalogo che li descrive tutti ad un modo: e lo stesso è degli uomini” (Atto III, scena I). Il discorso termina con un’affermazione netta: se non si sentono pronti ad uccidere Banquo, non sono dei veri uomini.

Nel momento in cui il fantasma di Banquo appare al banchetto di Macbeth, il protagonista sembra sconvolto, mostrando paura sia nel linguaggio che nei movimenti. Tuttavia egli è l’unico dei presenti a vedere il fantasma quindi gli altri rimangono sconcertati mentre la moglie s’infuria perché si rende conto della situazione imbarazzante. Arriva al punto di prenderlo da parte e domandargli: “Come! avete perduto ogni qualità d'uomo, nella vostra follia?”. Lui replica: “Sì, e un uomo così audace, che oso guardare ciò che potrebbe atterrire il diavolo”. Lady Macbeth lo deride: “Oh! questi parossismi, e questi sussulti, impostori della paura vera, starebbero bene nel racconto fatto d'inverno, accanto al fuoco, da una donnicciola, sulla garanzia della nonna” (Atto III, scena IV). In sostanza Lady Macbeth accusa il marito di comportarsi non da uomo, bensì come una donnicciola che racconta storielle assurde.

Poco dopo, quando il fantasma di Banquo compare per la seconda volta, Macbeth reagisce con maggiore virilità dicendo: “Ciò che un uomo può osare, io l'oso, avvicinati sotto la forma dell'irsuto orso della Russia, del rinoceronte armato, o della tigre ircana; assumi qualunque forma fuor che cotesta, ed i miei saldi nervi non tremeranno mai; oppure ritorna in vita, e provocami in un deserto colla tua spada; se io vi dimorerò, tremante di paura, dichiarami una pupattola. Via di qui, orribile ombra, illusione beffarda, via di qui!” (ibidem). A questo punto lo spettro scompare come se Macbeth l’avesse scacciato.

Quando Macduff viene a sapere che sua moglie e i suoi figli sono stati uccisi, si abbassa il cappello sugli occhi, poiché teme di non riuscire a non piangere. Poi, in un sussulto emotivo, esclama: “Tutti? Tutti i miei cari piccini? Avete detto tutti? Oh! nibbio d'inferno! Tutti? Che? tutti i miei poveri pulcini insieme con la chioccia con un feroce colpo d'artiglio?” (Atto IV, scena III). Turbato da ciò, Malcolm lo invita a controllare le proprie emozioni: “Ragionate la cosa da uomo!”. Trasmette una concezione tradizionale di uomo che non deve mai piangere, ma Macduff ha la risposta pronta e ribatte: “Sì, ma io devo anche sentirla da uomo! Oh, io potrei far la parte di una donna con gli occhi, e lo smargiasso con la lingua...” (ibidem). Macduff aggiunge che col pianto potrebbe recitare la parte della donna e in realtà giurare la tremenda vendetta che un vero uomo come lui si prenderebbe su Macbeth. Significa che qualsiasi emozione umana può essere simulata o dissimulata ma quelle che prova lui, per virili o femminili che siano, sono soprattutto sincere. Ecco che, finito lo sfogo, scatta la promessa di una vendetta inevitabile: “Porta a fronte a fronte questo demonio della Scozia e me: mettilo alla portata della mia spada. S'egli mi sfugge... allora anche il cielo gli perdoni!”. A questo punto, Malcolm ha sentito ciò che voleva e trionfante esclama: “Questo è parlare virilmente!” (fine Atto IV, scena III).

Mentre le truppe scozzesi sono in marcia per unirsi a quelle inglesi nel bosco di Birnam, Lennox osserva che tra gli inglesi “…C'è il figlio di Siward, e molti imberbi giovinotti, i quali appunto ora fanno la loro prima prova come uomini” (Atto V, scena I). Il nobile Lennox afferma che dei giovanotti senza barba hanno ora l’occasione di diventare dei veri uomini mettendosi alla prova in combattimento.

Nella penultima scena dell’opera, Macduff rivela a Macbeth che egli non era nato da una donna: “Macduff fu tratto innanzi tempo, con un taglio, dal grembo di sua madre” (Atto V, scena VIII). Macbeth risponde: “Maledetta la lingua che mi dice questo, poiché essa ha fiaccato quanto di meglio v'era d'uomo in me!”. Macduff ha usato l’arma più potente che aveva, la paura e ha colpito nel segno perché Macbeth sente che la parte migliore del suo essere uomo è svanita. È svanito il coraggio. A battaglia conclusa, Ross riferisce a Siward la notizia che suo figlio è morto: “Vostro figlio, mio signore, ha pagato il suo debito di soldato: egli ha vissuto soltanto fino ad essere un uomo; la qual cosa non appena il suo valore ebbe confermata, sul luogo stesso ov'egli combatté senza indietreggiare, morì da uomo” (Atto V, scena IX). Ross vuole dire che il ragazzo ha vissuto fino al momento in cui si è trasformato in un uomo (cioè quando ha affrontato Macbeth senza paura).

   5/15   

Approfondimenti/commenti:

    Nessuna voce inserita

Inserisci approfondimento/commento

Indice percorso Edita
Edurete.org Roberto Trinchero