Breve storia del modello atomico: dall'antichità a Bohr di Stefania Bressan (bressans@email.it), Daniela Avanzini (davanzini@libero.it)

L'antichità

1.1 L’antica Grecia

“Forse venticinque secoli fa, sulle rive del mare divino, dove il canto degli aedi si era appena spento, qualche filosofo insegnava già che la mutevole materia è fatta di granelli indistruttibili in continuo movimento, atomi che il caso e il fato avrebbero raggruppato nel corso dei secoli secondo le forme e i corpi che ci sono familiari”.
Così il grande chimico-fisico francese Jean Perrin (1870-1942) delinea, con poche parole, ma con indubbia efficacia poetica, l'ambiente in cui nacque, per la prima volta nella storia del pensiero, l'idea di atomo. Leucippo di Mileto e Democrito di Abdera [I] furono i padri di questa fondamentale intuizione. Le notizie intorno a questi due autori sono frammentarie e incerte. Le loro opere sono andate perdute e ciò che si conosce lo si è appreso solamente per via indiretta. Leucippo sembra essere vissuto nella seconda metà del V secolo a.C., si formò alla scuola eleatica e sarebbe stato, pare, discepolo di Parmenide e di Zenone; Democrito, vissuto tra il 460 e il 370 a.C. (contemporaneo quindi di Socrate), fu allievo e amico di Leucippo e fondò ad Abdera una vera e propria scuola filosofica. Le concezioni atomistiche di Leucippo e Democrito [En] furono esposte in due opere di fisica: il "Makròs diàkosmos" ("Grande cosmologia" di Leucippo) e il "Mikròs diàkosmos" ("Piccola cosmologia" di Democrito), entrambe perdute.
Democrito riteneva inconcepibile che i corpi materiali potessero essere illimitatamente suddivisi in particelle sempre più piccole e postulò l’esistenza di particelle elementari non ulteriormente suddivisibili in altre particelle ancora più piccole. Egli ammetteva quattro tipi diversi di atomi : quelli di terra, di acqua, di aria e di fuoco; era convinto che tutte le sostanze conosciute fossero il risultato delle più diverse combinazioni di questi quattro elementi.
Le concezioni atomistiche di Leucippo e Democrito trovano le loro radici nella filosofia eleatica e, indirettamente, nel pitagorismo. Dai Pitagorici gli atomisti derivarono la convinzione che la mutevolezza del mondo fisico potesse esprimersi in termini matematici. Dalla tradizione eleatica, ereditarono, in particolare, i principi di "essere" e "non essere". L' "essere" degli atomisti possiede le caratteristiche dell'essere parmenideo: è pieno, indivisibile, inalterabile, senza qualità sensibili, ingenerabile e incorruttibile. Tuttavia, a differenza di quello eleatico, l'essere degli atomisti è molteplice: è una pluralità di enti, diversi tra loro per forma e grandezza, e in perenne movimento. Per giustificare la pluralità dell'ente e il suo movimento, tuttavia, gli atomisti sono costretti ad ammettere la possibilità del "non essere", il vuoto, e in ciò si discostano dagli eleatici. L'ente degli atomisti è di numero infinito. Essi compiono quindi una rivalutazione del concetto di infinito, considerato da sempre, nella tradizione greca, sinonimo di incompiutezza, imperfezione e mancanza di forma. Gli atomi di Leucippo e Democrito, nella loro molteplicità, sono "forma indivisibile" (atomos idea). La loro indivisibilità è strettamente connessa alla loro invisibilità. Se fossero infatti percepibili dai sensi, sarebbero altresì divisibili. Essi si differenziano per misura, per forma, per "contatto", cioè per l'ordine in cui sono disposti e per "direzione", cioè per la posizione in cui si trovano. Alcuni sono lisci e sferici, altri aguzzi e scabrosi, altri ricurvi o uncinati. Nel loro incessante movimento vorticoso nel vuoto, si scontrano, si aggregano, si disaggregano, dando origine ad una infinita varietà di corpi. Secondo alcune interpretazioni del pensiero di Democrito, il movimento degli atomi sarebbe completamente casuale. Dante stesso sembra far sua questa interpretazione, quando parla di "Democrito che 'l mondo a caso pone". Il concetto di atomo è un naturale sviluppo della matematica e della logica greca, e rappresenta uno dei massimi tentativi di conciliare il razionale con l'esperienza sensibile.
L'atomismo di Democrito fu adottato da uno dei maggiori filosofi dell'età ellenista, Epicuro (341-270 a.C.), che fu allievo di Nausifane, esponente della scuola di Abdera. Epicuro accetta l'idea democritea degli atomi in continuo movimento in un infinito spazio vuoto. Tuttavia, a differenza di Democrito, individua la causa del movimento nel loro peso. Di conseguenza tutti gli atomi tenderebbero a cadere verso il basso. Per spiegare tuttavia la possibilità che gli atomi hanno di aggregarsi tra loro, Epicuro ammette l'esistenza di una deviazione dalla loro naturale traiettoria, introducendo quindi un elemento casuale in quello che sarebbe al contrario un rigido determinismo. Inoltre, a differenza di Democrito, Epicuro ritiene che le forme degli atomi non siano infinitamente varie, ma in numero finito, sia pure inconcepibilmente grande [I] . Anche il pensiero di Epicuro [F1] [F2] non ci è noto per via diretta: delle sue opere rimangono infatti solamente tre lettere. Tuttavia un'esposizione chiara ed esauriente del suo pensiero si ritrova in uno dei capolavori della letteratura latina. Si tratta del "De rerum natura" di Tito Lucrezio Caro (98-55 a.C.) [Es] .

1.2 L’antica Roma

L'opera di Lucrezio, scritta in versi, è costituita da sei libri e tratta ampiamente della natura del mondo e degli uomini. Il concetto di atomo domina costantemente tutta l'opera e da essa deriva una visione strettamente materialistica del mondo [I]. Lucrezio cerca di convincere il personaggio cui l'opera è dedicata (tale Gaio Memmio) dell'esistenza degli atomi "corpi primi" con una serie di argomentazioni piuttosto interessanti. Come prima argomentazione egli considera l'azione distruttrice del vento e la spiega ammettendo l'esistenza di "corpi invisibili" al suo interno. Come seconda prova Lucrezio considera gli odori che noi percepiamo in virtù di particelle invisibili che raggiungono le nostre narici. Nella terza prova sull'esistenza degli atomi, egli spiega il fenomeno per cui i vestiti, in prossimità del mare, si inumidiscono e successivamente, posti al sole, si asciugano. Infine, con l'ipotesi atomica, Lucrezio riesce a spiegare alcuni fenomeni che avvengono in maniera impercettibile, quali la crescita e la consunzione delle cose. L'opera dl Lucrezio, oltre a possedere una straordinaria bellezza poetica, trasmette un messaggio che risulta di stretta attualità anche a distanza di più di duemila anni. Egli esalta lo studio della natura attraverso una visione razionale della realtà. Questo studio esercita un'azione liberatrice nei confronti delle paure e delle angosce dell'uomo, derivanti dalla superstizione, che egli individua nella religione. Contemplazione della natura e serenità di spirito, in Lucrezio, si identificano.

1.3 L’oriente

È interessante osservare che le concezioni atomistiche non furono una prerogativa del pensiero occidentale. Sia pure in modo marginale, esse furono elaborate anche da alcune scuole di filosofia indiana [En] .Nel sistema religioso dello Giainismo (da Jaina, "il vittorioso" epiteto dato all'asceta che lo fondò nel V secolo a.C.) si trova esplicitamente la nozione di atomo. Analoghe concezioni atomistiche si incontrano in alcune scuole di Buddhismo appartenenti alla corrente Hinayana ("piccolo veicolo"), risalente al IV secolo a.C. Tuttavia nel pensiero orientale l'atomismo non incontrò mai un terreno fertile su cui svilupparsi a causa della dominante visione "olistica" che considera la realtà un tutto indivisibile e interconnesso.

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