Ecosistemi e Biodiversità di Anna Maria Filippi (hannasfili@libero.it) Riccardo Perrenchio (ricottanta@tiscali.it)

I pesticidi

Qualsiasi specie che compete con l’uomo per il cibo viene considerata un problema. Le popolazioni delle varie specie sono tenute sotto controllo dai vari predatori, parassiti ecc.. Quando però vengono alterati gli ecosistemi si rischia di agire in modo negativo sui controlli e sugli equilibri naturali.

Oggi è necessario proteggere le nostre monocolture, boschi ecc.. dagli attacchi di questi organismi che la natura non è più in grado di controllare. L’uomo ha combattuto fino ad oggi con l’utilizzo di sostanze chimiche, di origine naturale, chiamate pesticidi che uccidono tutti gli organismi sgraditi. Esistono due tipi di pesticidi:

A) Pesticidi di prima generazione. La crescita della popolazione umana e lo sviluppo dell’agricoltura crearono la necessità di sviluppare nuovi metodi per proteggere i raccolti. Si iniziò con l’utilizzo di sostanze chimiche (zolfo, piombo, arsenico) che respingevano o uccidevano gli insetti nocivi. I problemi nacquero a causa dei crescenti avvelenamenti umani e delle tracce, di questi elementi tossici non degradabili, lasciate nei prodotti dei campi.

Verso il 1800 si introdussero due pesticidi più naturali, il piretro (ottenuto dai fiori di crisantemo) e il rotenone (ottenuto dall’estratto di radici di piante tropicali). L’uomo ha utilizzato anche sostanze chimiche naturali prodotte dalle piante per uccidere gli insetti nocivi presenti nelle abitazioni. Alcuni esempi possono essere:

- le formiche che possono essere allontanate con il pepe rosso, con le foglie di menta tritate, oppure strofinando le superfici con l’aceto;

- le zanzare che possono essere respinte piantando il basilico fuori dalle finestre e dalle porte, oppure frizionando con un po’di aceto la propria pelle.

B) Pesticidi di seconda generazione. Nel 1939 l’entomologo Paul Mueller scoprì il DDT , un potente insetticida. In tutto il mondo se ne utilizzano annualmente 2,5 milioni di tonnellate e nei Paesi in via di sviluppo il loro utilizzo sta crescendo vertiginosamente.

Argomentazioni pro-pesticidi

Spesso si crede che l’utilizzo dei pesticidi provochi molti benefici come per esempio salvare le vite umane prevenendo la morte prematura di almeno sette milioni di persone per malattie trasmesse dagli insetti come la malaria, il tifo, la peste bubbonica ecc..

I pesticidi diminuiscono i costi del cibo aumentando le forniture alimentari. Si dice anche che essi funzionano più velocemente e meglio di altri metodi alternativi perché si applicano più facilmente ed aumentandone la dose risultano più efficienti. Inoltre l’utilizzo di pesticidi uccide più di una specie di insetti nella stessa coltura, al contrario dei metodi non chimici che sono più adatti per una sola specie.

Si stanno sviluppando pesticidi più sicuri ed efficaci che siano più sicuri per i consumatori e meno dannosi per l’ambiente. Comunque i costi per la ricerca e lo sviluppo dei nuovi pesticidi nei Paesi più sviluppati sono molto elevati, quindi si sperimentano nuove sostanze chimiche solo per le coltivazioni con grande mercato ( grano, granturco, soia ecc..).

Oggi le caratteristiche ideali di un pesticida dovrebbero essere:

- non recare danno alle specie non nocive

- uccidere solo organismi nocivi

- essere convenienti a livello economico

- essere degradabile e trasformarsi, dopo la sua funzione, in qualcosa di meno dannoso.

Purtroppo non esistono pesticida che raggruppino tutte queste caratteristiche.

Argomentazioni contro i pesticidi

Uno dei problemi più gravi è lo sviluppo, negli organismi nocivi, di una resistenza genetica verso i pesticidi. Infatti gli insetti possono sviluppare una forma di immunità alle sostanze chimiche alle quali sono sottoposti. L’utilizzo dei pesticidi ad ampio spettro può causare la morte dei predatori naturali e dei parassiti che in qualche modo contribuiscono a mantenere una specie di organismi nocivi ad un livello ragionevole.

Solo una piccola percentuale di pesticidi raggiunge il suo obiettivo. Si stima intorno al 2-5% la totalità dei pesticidi aerei che raggiungono gli organismi nocivi cui erano destinati. Tutto il resto finisce nelle acque superficiali, nell’atmosfera, nel cibo, negli animali e nell’uomo.

Già negli anni 50-60 alcune popolazioni di uccelli posti al vertice della catena alimentare acquatica vennero contaminati da un prodotto di derivazione dal DDT che ne causò un indebolimento dei gusci delle loro uova, tanto da renderle così fragili che gli uccelli non potevano più riprodursi.

Il DDT è presente anche nei luoghi dove esso non è utilizzato e questo dimostra come per esempio l’utilizzo massiccio di questo pesticida nei Paesi in via di sviluppo possa essere trasportato dai venti e dalle correnti in altri paesi. Il solo inquinamento delle acque ad opera dei pesticidi è una delle cause maggiori delle morie di pesci in tutto il mondo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nei Paesi in via di sviluppo vi siano grandi avvelenamenti tra gli agricoltori, che sono dovuti ai pesticidi. In questi paesi scarseggiano le norme sui pesticidi e i livelli di istruzione sono molto bassi, perciò vi sono pochi medici e si hanno poche testimonianze o recensioni delle malattie.

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