Gravitazione universale di Giovanni Bertolo (satprem69@libero.it), Gianfranco Bottini (gbottini@gmail.com), Emanuele Ciancio (ciancio@isiosf.isi.it), Raffaele Serra (serraraf@alice.it)

I Principia

I Principia Riordinati allora gli appunti e le idee di quasi vent’anni di studi e rifacendo spesso i calcoli in modo più preciso, fu data alle stampe nel 1687 l’opera Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, IT2 EN1 EN2 FR1 FR2 ES1 ES2 in tre volumi, proprio grazie ad Halley che si sobbarcò anche gli oneri finanziari dell’operazione poiché la Royal Society, il cui presidente Pepys diede l’imprimatur, attraversava un periodo di difficoltà economiche.
L'opera è unanimemente considerata un capolavoro assoluto della storia della scienza; con essa Newton stabilì alcune definizioni (quantità di materia, quantità di moto, forza propria, forza impressa, forza centripeta) e le tre leggi universali del movimento che non sono state migliorate per i successivi trecento anni, ed inoltre, nel terzo volume “Del sistema del mondo”, alcune “regole da seguirsi nello studio della fisica” anch’esse di notevole chiarezza e valore a tutt’oggi.
Egli usò la parola latina gravitas ("peso") per la determinazione analitica della forza che sarebbe diventata conosciuta come gravità, e definì la legge della gravitazione universale. Nello stesso lavoro presentò la prima determinazione analitica, basata sulla legge di Boyle, sulla velocità del suono nell'aria.
Successivamente, per la seconda edizione dell’opera (1713), preparò uno Scholium IT3 EN3 EN4 FR3 generale in cui espone direttamente le proprie concezioni metafisiche su Dio, sulla natura e sui loro rapporti. Qui si trova la celebre espressione Hypotheses non fingo IT4 EN5 EN6 FR4 , ("Non formulo ipotesi") con la quale Newton, esprimeva l'impossibilità di andare al di là della descrizione dei fenomeni per cercarne la causa: l'affermazione lascia dunque spazio a ogni tipo di interpretazione, metafisica o strettamente meccanicistica ma senza sostenerne alcuna poiché "qualunque cosa, infatti non deducibile dai fenomeni va chiamata ipotesi; e nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche, che fisiche, sia delle qualità occulte, sia meccaniche".

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Edurete.org Roberto Trinchero