I bioindicatori di Elena Porazzi

I bioindicatori

Generalmente per bioindicatori [I2] [F5] [F6] [E4] [F7] si intendono tutti quegli organismi o parti di essi che mediante reazioni identificabili (biochimiche, fisiologiche, morfologiche) forniscono informazioni sulla qualità dell’ambiente (o di una parte di esso).

I bioindicatori ed i bioaccumulatori rientrano entrambi tra le tecniche di biomonitoraggio ma sono due tecniche diverse. I bioaccumulatori hanno la caratteristica di assimilare da suolo, acqua o aria quantità misurabili di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti. I bioaccumulatori quindi, vengono scelti per la capacità che hanno di tollerare alte concentrazioni di inquinanti e per fare valutazioni quantitative sull’ecosistema oggetto di studio.

La scelta di un bioindicatore invece, si basa sulla sensibilità dell’organismo e consente di ottenere una valutazione qualitativa o semi quantitativa degli effetti dell’inquinamento. Essi consentono di valutare l'effetto che le sostanze inquinanti hanno sulle comunità biotiche che popolano l'ecosistema preso in esame, permettendo di fare una stima degli interventi da attuare per la salvaguardia delle specie che vi risiedono.

Un buon indicatore biologico deve, quindi, possedere diverse proprietà:

  1. Ampia distribuzione nell’area di studio
  2. Facile identificazione ed adeguate conoscenze sull’anatomia, fisiologia ed ecologia delle specie
  3. Scarsa mobilità e facile reperibilità in tutte le stagioni
  4. Lungo ciclo vitale.

Esistono diversi organismi che vengono utilizzati come bioindicatori, è possibile classificarli in base al comparto ambientale che vogliamo monitorare: litosfera, atmosfera e idrosfera.

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