La valutazione
La valutazione viene distinta dalla verifica, che riguarda la rilevazione degli apprendimenti in relazione a conoscenze ed abilità e che viene svolta tramite strumenti consolidati come l’interrogazione, il test, il compito scritto; mentre la valutazione invece consente di esprimere un giudizio fondato circa il grado di padronanza della persona relativamente alla competenza.
In tal modo, viene superato il concetto della valutazione come somma di prove di verifica e viene posto l’accento sulla capacità degli allievi di fronteggiare compiti/problemi mobilitando le risorse di cui sono dotati o che sono in grado di reperire.
La valutazione procede in due direzioni che rappresentano altrettanti punti di vista tramite cui si guarda l’allievo in apprendimento:
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Il pagellino con i voti per asse culturale/disciplina che riflettono sia le attività comuni sia quelle svolte dal singolo docente, oltre alla condotta che è decisa comunemente dall’équipe;
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La certificazione delle competenze che indica il giudizio di padronanza dell’allievo su una scala di tre livelli centrati sui criteri di autonomia, responsabilità, complessità del compito e consapevolezza, in accordo con la metodologia EQF.
La coerenza tra i voti del pagellino e i giudizi per livelli del certificato di competenze è garantita dal riferimento agli stessi traguardi formativi e dai voti su registri dei singoli docenti, derivanti dalle attività svolte dagli allievi nelle unità di apprendimento comuni.
Nelle pratiche valutative c'è stata una progressiva transizione da un mero accertamento di conoscenze ed abilità acquisite nell’esperienza scolastica, a una considerazione di quanto il soggetto sa utilizzare il proprio sapere per agire nel contesto di realtà in cui ci si trova.
La competenza è rappresentata da un’immagina: l’iceberg, per evidenziare la compresenza di due piani tra loro interconnessi: da un lato la componente visibile, esplicita della competenza, che si manifesta attraverso le prestazioni osservabili del soggetto, le quali rinviano al patrimonio di conoscenze e abilità da lui possedute; dall’altro una componente latente, implicita, che richiede un’esplorazione di dimensioni interiori connesse ai processi motivazionali, volitivi, socioeconomici dell’individuo.
Tale immagine segnala i limiti delle modalità valutative tradizionali che si limitano ad accertare i processi cognitivi più semplici ed elementari; mentre non sono in grado di apprezzare abilità più complesse; ciò determina un sapere di tipo riproduttivo, a scapito di modalità elaborative e strategiche.
Inoltre il sapere scolastico tende a rimanere incapsulato nel contesto scuola e incapace di connettersi a situazioni di realtà, con conseguenti riflessi sulla significatività dell’esperienza scolastica e sulla motivazione degli studenti nei suoi confronti.
Tutto ciò si ripercuote anche sulla valutazione, la quale tende a basarsi su compiti astratti e decontestualizzati, incapaci di agganciarsi a contesti reali e significativi e comprensibili solo nell’ambito della cultura scolastica.
Le sfide poste per un miglioramento delle pratiche valutative in ambito scolastico, evocate tramite la metafora dell’iceberg sono:
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Puntare a compiti valutativi più autentici, ovvero capaci non solo di accertare il possesso di conoscenze e abilità da parte degli studenti, ma anche la loro capacità di usare tale sapere per affrontare situazioni poste dal contesto della realtà;
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Promuovere una maggiore responsabilizzazione dello studente nel processo valutativo, riconoscendogli un ruolo attivo di soggetto della valutazione e aiutarlo a riconoscere i significati e le potenzialità formative insite nel valutare;
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Integrare la valutazione nel prodotto della formazione, in modo da recuperare la globalità dell’esperienza di apprendimento.