L'effetto Pigmalione di Emanuela Bagetto

Gestione della relazione

3

 

9.1. Atteggiamento empatico

L’empatia è il metodo che permette di porre in modo corretto la relazione. Il processo educativo si identifica in tutte le sue fasi in un processo empatico (I16). È l’esperienza che esaudisce i bisogni di ognuno di essere accolti, conosciuti ed amati, è riconoscimento dell’altro come soggetto unico ed irripetibile, comprendendo il suo modo d’essere non solo per quello che è ma per quello che può essere.

L’atteggiamento empatico è dote dell’educatore che concepisce l’educazione come pratica di comunicazione autentica.

Questo atteggiamento ha un ritorno considerando che il fanciullo, vedendosi conosciuto ed amato, apprende questa modalità etica di comunicazione e la riproporrà nelle esperienze che avrà nel corso della propria esistenza.

L’iniziativa empatica dell’educatore attiva nel discente una risposta libera e consapevole di sé, tendente a suscitare in lui un’empatia reciproca.

Possiamo affermare che l’empatia sia una competenza relazionale e dialogica necessaria per chi opera con soggetti in formazione. La mancanza di empatia può causare blocchi emotivi, disturbi di strutturazione della personalità, danni abitualmente sottovalutati proprio da chi, educatore, dovrebbe tenerli sempre ben presenti, per orientare al meglio il proprio agire.

 

9.2. L'atteggiamento entropatico

L’adulto, educatore o insegnante, deve porsi in un atteggiamento non pregiudicato, riuscire a relativizzare le proprie convinzioni, il proprio modo di pensare ed assumere uno stile educativo fondato sull’ enteropatia, che non è accettazione incondizionata della visione del ragazzo ma sospensione momentanea dei propri schemi interpretativi.

La capacità empatica ed entropatica dell’insegnante è fondamentale nel  processo educativo, la capacità di accettazione, di comprensione e la sintonia. Ogni individuo utilizza i propri schemi personali ed inconsci per valutare e giudicare gli altri, schematizzazioni che si sono formate negli anni, con tutte le esperienze, positive o negative che si sono vissute.

Il bambino o l’adolescente, con la sua inquietudine, può suscitare nell’insegnante “risonanze emotive” che possono riattivare nell’educatore fantasie, simbolizzazioni, conflitti irrisolti, meccanismi che possono ostacolare la relazione, inducendo ciò che in psicologia si definisce tendenza autoritaria ipercompensatoria, spesso di sentimenti di inferiorità; l’ansia, l’insicurezza, le contraddizioni possono essere legate a processi identificatori inconsci – o rifiuto degli stessi.

Essere consapevole della possibilità dell’instaurarsi di questi meccanismi può aiutare l’insegnante a combatterli, cercando di assumere atteggiamenti quanto più possibile di disponibilità ed affetto.

Considerando che qualunque tipo di apprendimento coinvolge due aspetti interagenti in ogni individuo, uno cognitivo ed uno affettivo e che l’intervento pedagogico deve comprenderli tutti e due per essere davvero efficace (I60) (I61).

L’educatore deve essere tramite concreto alla costruzione dell’identità dell’altro, funzionalmente anche alla prevenzione del disagio adolescenziale. Per fare questo è necessario trovare un  luogo d’incontro fra docente e discente e lo si può fare unicamente sospendendo il giudizio. L’efficacia dell’intervento educativo è subordinata a queste capacità  come  determinanti  della  qualità  dell’interazione.        

 

9.3. L'importanza della fiducia

Chi ha vissuto esperienze negative può vivere con difficoltà le relazioni interpersonali, in un clima di sfiducia e di diffidenza. Sono individui che tendono ad attendersi sempre il peggio e sentono che, in qualunque circostanza, gli altri prima o poi finiranno per deluderli, per ingannarli o per abbandonarli. Molti più ragazzi di quanti si crede vivono con questa forma di disagio, anche se non sempre è evidenziata dal comportamento.
Questo tipo di persone tendono a mettere in atto una serie di strategie difensive per evitare che l'altro si comporti nel modo temuto. Le strategie psicologiche operate, più o meno inconsciamente per evitare possibili delusioni, sono di diverso tipo e muovono dal controllo dell'altro, alla continua richiesta di rassicurazioni affettive, al comportamento aggressivo della persona che aggredisce per non essere attaccata. Chiaramente sono  comportamenti inadeguati che fanno percepire all'altra persona – l’educatore- che non è stimata e che non si ha fiducia in lei e per questo, se non si prende coscienza di questo fenomeno psicologico, si tende a reagire di conseguenza. Al di là quindi della condotta che il fanciullo in-formazione ha verso l’adulto è necessario riuscire a trasmettere la fiducia di poter riuscire. Se l’educatore ha un’immagine negativa dell’educando, per la vita che questi ha vissuto, o per gli atti che ha commesso, non sarà possibile procedere, perché la relazione pedagogica valida si fonda inequivocabilmente sull’accettazione incondizionata del discente e sulla favorevole disposizione verso di lui. In caso contrario l’educando stesso percepirebbe il rifiuto e ciò annullerebbe e danneggerebbe non solo l’apprendimento ma anche la futura vita di relazione del ragazzo.

È indispensabile perciò costruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca, non è sufficiente che l’educando abbia fiducia nell’educatore perché verrebbe meno nel momento in cui percepisse la mancanza di fiducia da parte dell’educatore, vanificando l’incontro formativo e danneggiando pesantemente il concetto di sé e l’autostima del ragazzo.
 

   9/13   

Approfondimenti/commenti:

    Nessuna voce inserita

Inserisci approfondimento/commento

Indice percorso Edita
Edurete.org Roberto Trinchero