Le Proteine di Lorenzo Flora (flora.lorenzo@libero.it), Davide Romano (romandave@libero.it), Paola Carbone (tarantapao@virgilio.it), Vittorio Romanelli (vg67-g@libero.it)

Proteine del sangue

PROTEINE PRESENTI NEL SANGUE [E1] [E1] [E1] [F1]

FUNZIONE (ESPLICATA TRAMITE LA PRESENZA DI PROTEINE CARATTERISTICHE) E COMPOSIZIONE GENERALE

Il sangue, che costituisce la dodicesima parte del peso corporeo (circa 85 ml per kg), svolge molteplici funzioni tra le quali ricordiamo:

  1. Scambio dei gas della respirazione ( O2 e CO2) tra polmoni e tessuti e viceversa.
  2. Trasporto e distribuzione alle cellule dell’intero organismo di sostanze esogene (alimenti, farmaci…) ed endogene.
  3. Trasporto di prodotti di rifiuto che provengono dal catabolismo, come bilirubina ecc., agli organi escretori( rene, pelle, intestino e fegato) per la loro eliminazione.
  4. Trasporto di ormoni e di altri mediatori chimici dalle sedi di sintesi alle cellule bersaglio
  5. Protezione contro i microrganismi ed altri agenti estranei.

COMPOSIZIONE GENERALE

Il sangue è formato da una parte fluida (plasma) e da elementi corpuscolari (eritrociti o globuli rossi, leucociti o globuli bianchi e piastrine), il plasma costituisce il 55-60% del volume di del sangue intero.

Il sangue circolante contiene da 4000 a 11000 leucociti (globuli binachi) per microlitro. Da un punto di vista morfologico e funzionale si distinguono tre diverse popolazioni di globuli bianchi:

i granulociti[E1], i linfociti ed i monociti.

GRANULOCITI

Nell’adulto rappresentano la metà o più dei leucociti circolanti; essi contengono granuli facilmente visibili, di diversa composizione chimica ed enzimatica. Esistono te diversi tipi di granulociti, i neutrofili, gli eosinofili ed i basoili. Le caratteristiche di colorabilità dei granuli definiscono il tipo cellulare: granuli neutri alla colorazione caratterizzano i neutrofili, granuli rossastri gli eosinofili e granuli blu definiscono i basofili.

Neutrofili. I necrofili sono dotati di movimento attivo e sono in grado di raggiungere, in gran numero ed in breve tempo, i siti in cui è avvenuta una lesione tissutale, il processo che attira i neutrofili verso il sito di lesione e di infiammazione prende il nome di chemiotassi. Sostanze ad attività chemiotattica per i neitrofili sono prodotti batterici, prodotti di degradazione cellulare e molte proteine plasmatiche. I neutrofili costituiscono la prima barriera difensiva dell’organismo, sia in caso di danno tissutale, sia quando materiale estraneo tenta di penetrare nell’organismo. La loro funzione è strettamente collegata a quella degli altri sistemi difensivi dell’organismo, compresa la produzione degli anticorpi (immunoglobuline) e l’attivazione del sistema del complemento. L’interazione di questi sistemi con i neutrofili potenzia la loro capacità di fagocitare e degradare particelle di ogni sorta. I leucociti sono in grado di riversare enzimi lisosomiali all’interno dei fagosomi distruggendo il materiale ingerito, ma possono anche liberare il contenuto lisosomiale nell’ambiente circostante. Le funzioni principali dei neutrofili sono quella di fagocitare e rimuovere detriti, materiale articolato e batteri e quella di uccidere i microrganismi.

Un enzima deputato alla lisi dei batteri è il Lisozima, il quale risulta costituito da una catena polipeptidica di 129 amminoacidi, nella sua struttura tridimensionale si individuano 6 segmenti elicoidali ed ancora si individua una profonda spaccarìtura, la quale risulta destinata ad alloggiare il substrato. Sono presenti anche dei ponti disolfuro, ossia dei legami covalenti tra le catene polipeptidiche di cui è costituita la proteina, tale legame covalente si forma dall’ interazione tra due molecole di cisteina, e se queste molecole di cisteina si trovano su una stassa catena polipeptidica avremo i legami disolfuro (S—S) intracatena, se sono localizzate su diverse catene avremo il legami S—S intercatene. Ricordiamo che i compiti dei ponti disolfuro sono quelli di stabilizzare la struttura terziaria della catena (ponti intracatena) oppure quelli di legare tra loro con legami covalenti stabili catene polipeptidiche diverse stabilizzando così la struttura quaternaria. Il ponte S—S si forma dopo che la proteina ha assunto la sua struttura tridimensionale e quindi contribuisce notevolmente, proprio perché legame covalente e non legame debole, al mantenimento della struttura spaziale proteica. Per questo motivo si incontra con maggiore frequenza in proteine che svolgono le loro funzioni nello spazio extracellulare dei tessuti e che quindi necessitano di maggiore stabilità come appunto io lisozima. Un’ altra questione da affrontare riguardo al lisozima ed in generale riguardo agli enzimi è la relazione tra struttura e funzione catalitica, infatti il numero dei residui amminoacididi costituenti la catena polipeptidica è piuttosto elevato, mentre il sito attivo dell’enzima è costituito da pochissimi residui: si ritiene che generalmente il locus del sito attivo rappresenti meno del 5% dell’intera superficie dell’enzima. Ne deriva pertanto il problema del perché sia necessaria una molecola così grande (l’enzima) per agire su una molecola piccola (il substrato) che si unisce soltanto ad una ristrettissima porzione di essa. E’ evidente l’importanza della struttura tridimensionale dell’enzima che gli permette una disposizione spaziale la più idonea per l’incontro con il substrato onde possa verificarsi il pieno espletamento della funzione catalitica. Resta però sempre il problema se l’intera molecola proteica è necessaria alla funzione o se sono sufficienti soltanto alcuni frammenti e quanto e come la molecola proteica si modifica durante l’attività catalitica.

Studi hanno dimostrato che la molecola del lisozima è notevolmente alterata nella sua disposizione spaziale quando si lega al substrato. Il lisozima, che come abbiamo detto causa la lisi dei batteri distruggendone la parete protettiva, si lega al suo substrato e tale legame provoca una modificazione della disposizione spaziale dell’ intera molecola proteica e, dall’analisi della struttura del complesso batterio-lisozima, si è potuto dedurre che i punti di contatto e quindi i punti attivi dell’intera proteina sono soltanto 2 amminoacidi.

Eosinofili. Gli eosinofili sono granulociti che presentano un citoplasma ricco di granuli che si colorano di rosso scuro con il colorante acido cosina. Il granulocita eosinofilo contiene numerosi enzimi che inattivano i mediatori dell’infiammazione acuta e, similmente ai neutrofili, contiene istaminasi. Il ruolo biologico degli eosinofili sembra quindi essere quellod i modulare le attività cellulari e chimiche dell’infiammazione mediata da fattori immunologicamente attivi.

Basofili. I granuli presenti nei basofili si colorano di blu scuro con i coloranti basici ed apaiono brillanti dopo colorazione metacromatica. I granuli contengono mucopolisaccaridi acidi, acido ialuronico e grandi quantità di istamina. Cellule molto simili ai basofili del sangue si trovano in abbondanza nella cute, nella mucosa delle vie respiratorie e nel tessuto connettivale. Queste cellule denominate mastociti, contengono granuli il cui contenuto (istamina ed altre sostanze) è responsabile di reazioni allergiche tissutali. Mastociti e basofili possiedono sulle loro membrane recettori per le immunoglobuline E (IgE); questi recettori legano le IgE e la successiva interazione tra allergene specifico e IgE legata al recettore induce la liberazione di mediatori vasoattivi, che innescano una serie di risposte. La liberazione massiva del contenuto dei granuli può determinare morte improvvisa (shosk anafilattico) Molti dei mediatori causano contrazione della muscolatura liscia e aumento della permeabilità vasale. I basofili liberano anche fattori chemiotattici ed altri mediatori chimici dell’ infiammazione.

LINFOCITI. I linfociti rappresentano la seconda popolazione per numero, dei leucociti circolanti. Queste cellule sono componenti essenziali del sistema di difesa immunitario: la loro funzione principale è quella di interagire con gli antigeni e organizzare la risposta immune. Quest’ultima può essere 1) umorale, con formazione di anticorpi; 2) cellula-mediata con elaborazione di linfochine 3) cititissica, con produzione di linfociti killer citotossici. La maggior parte dei linfociti si trova nei linfonodi, nella milza e nelle mucose delle vie respiratorie e del canale digerente. Si distinguono due sottopopolazioni principali , i linfociti T e i linfociti B, ognuna caratterizzata da funzioni immunologiche particolari. I linfociti T sono responsabili della risposta cellula-mediata e della modulazione della risposta immune. I linfociti B sono responsabili della immunità umorale e della produzione di anticorpi

Immunoglobuline. Le immunoglobuline sono prodotte dalle plasmacellule esse risiedono nel midollo osseo tra i precursori delle cellule sanguigne, ogni singola plasmacellula produce un unico tipo di anticorpo, che riconosce il suo antigene specifico. La proliferazione dei precursori delle plasmacellule dà origine ad una linea cellulare (chiamata clone), che continua a sintetizzare lo stesso anticorpo, specifico per quel sito antigenico. Le immunoglobuline rappresentano dal 12 al 23% delle proteine totali del plasma, nell’ analisi elettroforetica del sangue dal quale si ottengono varie frazioni denominate a, b, g, risulta che la maggior parte delle immunoglobuline, presenti nel sangue, si ritrova nella frazione g, e precisamente nella frazione g-globulinica. Almeno 25-30 classi e sottoclassi sono state individuate nelle g-globuline umane. Analizzando la struttura delle immunoglobuline si può osservare che queste proteine sono costituite da due catene leggere (L) e da due catene pesanti (H) unite tra di loro da ponti disolfuro (S—S). Le catene sono a due a due uguali quindi i monomeri (le unità costitutive) sono L2H2.

Due tipi di catene leggere sono state identificate, le catene k e l, presenti in tutte le classi di immunoglobuline. Un solo tipo di catene pesanti, denominate rispettivamente g a m d e, è presente in ciascuna delle classi IgG, IgA, IgM, IgD, IgE.

Le IgG, che soono gli anticorpi più abbondanti del siero, si suddividono in quattro sottoclassi che differiscono per il numero (da 2 a 5) e la disposizione dei ponti disolfuro tra le catene pesanti.

Le IgA sono le immunoglobuline presenti in maggiore quantità nelle secrezioni come saliva, lacrime, secrezioni intestinali, sono formate da una coppia di unità monometriche e da una glicoproteina, la quale avrebbe il compito di facilitare il trasporto dell’ IgA attraverso la membrana e di proteggerla dalla proteolisi.

Le IgM sono formate da 5 subunità unite da ponti disolfuro.

Enzimi proteolitici determinano una parziale idrolisi della molecola, si formano 3 frammenti di cui due appaiono identici e sono noti come Fab (frammento che lega l’antigene), mentre il terzo, Fc (frammento cristallino) è del tutto diverso. Poiché ciascun frammento Fab si combina specificatamente con l’antigene, ogni L2H2 deve contenere due siti specifici di riconoscimento e di legame con l’antigene. Il complesso Fab-antigene non forma precipitato. Dal frammento Fc dipendono le proprietà comuni a tutte le immunoglobuline di una data classe come la fissazione del complemento (IgG e IgA), il trasporto attraverso la placenta (IgG) la fissazione dei mastociti (IgE) ecc..Altri enzimi idrolizzano le immunoglobuline però in moda tale che le 2 Fab rimangono legate tra di loro, questa struttura nota come Fab2, a differenza del Fab forma precipitato quando si combina con antigeni molecolari. Questo è dovuto alla particolare struttura sia dell’anticorpo che contiene due siti, sia dell’antigene che in genere, se è una macromolecola, contiene più zone di riconoscimento. Si forma una rete di antigeni e anticorpi che tende a precipitare. Il frammento Fc, che ha una forte tendenza a cristallizzare, intensifica la precipitazione.

L’insieme di questi dati di quelli ottenuti con la microscopia elettronica e con la diffrazione a raggi X mostrano che la molecola delle immunoglobuline possiede una struttura a Y in cui le due braccia sono i frammenti Fab e il piede l’Fc.I 3 frammenti hanno una struttura globulare molto compatta, sono uniti tra loro da una zona priva di struttura e molto flessibile che funziona come una cerniera consentendo ai frammenti Fab di avvicinarsi e di allontanarsi tra loro per meglio adattarsi alla costituzione della rete.

Le fasi iniziali della risposta immunitaria tipica sono caratterizzati da un aumento dei livelli di IgM specificatamente dirette contro l’antigene sensibilizzante (immunogeno). In seguito vengono prodotti anticorpi della classe IgG. Ripetute stimolazioni con l’antigene causano un aumento della produzione di IgG, con un tempo di latenza che è sempre minore dopo ogni successiva stimolazione antigenica. Questa capacità del sistema immunitario di ricordare precedenti contatti con l’antigene e di rispondere più efficacemente è detta risposta anamnestica.

COMPLEMENTO. Allorché un anticorpo si lega alla superficie di un microrganismo penetrato nell’organismo può attivarsi il sistema del complemento, un insieme di proteine plasmatiche che si attivano a cascata. L’attivazione del complemento è un processo in grado di portare alla distruzione delle cellule batteriche. Il processo ha inizio con un cambiamento conformazionale che si verifica sempre nella regioe Fc dell’anticorpo, quando questo si lega all’antigene.

Se l’antigene è rappresentato da molecole singole, liberamente circolanti, si formano complessi immuni in grado di fissare il complemento. In questo caso la funzione del complemento è quella di stimolare le cellule fagocitarie ad attaccare, fagocitare e rimuovere l’antigene dalla circolazione. Se invece l’antigene è un componente della parete cellulare del batterio, il complemento potrà fissarsi all’anticorpo legato all’antigene di superficie e attivandosi, potrà provocare lesioni così gravi da causare alla fine la morte del batterio stesso.

MONOCITI. I monoliti rappresentano il 5-8% dei leucociti circolanti. Rispetto alla quota totale dei monoliti solo un piccolo numero di essi si trova in circolo in ogni momento. Il monocita rimane in circolo per breve tempo entra infatti nei tessuti per diventare un macrofago la cui funzione risulta appunti quella di fagocitare i batteri o corpi estranei penetrati nell’organismo, infatti essi sono particolarmente attivi nel fagocitare ed uccidere i microrganismi e nel formare complesse interazioni con immunogeni e con costituenti proteici e cellulari del sistema immunitario. I monoliti possono dare inizio alla risposta immunitaria e regolarne l’ampiezza; sono inoltre responsabili del riconoscimento e della processazione dell’antigene. Poiché processano l’antigene e lo presentano sia ai linfociti T che ai linfociti B, i monoliti danno il via ad entrambe le risposte immunitarie, loa umorale e la cellula-mediata.

GLOBULI ROSSI. I globuli rossi sono presenti nel sangue in una concentrazione che è circa 5 milioni per microlitro, essiri chiedono 5-6 giorni per il loro completo sviluppo nel midollo osseo, ma il loro ucleo scompare già dopo 2-3 giorni, i globuli rossi o eritrociti rimangono il circolo per circa 120 giorni prima di invecchiare ed essere distrutti. La funzione principale degli eritrociti è quella di trasportare ossigeno ai tessuti e per fare questo il globulo deve essere sufficientemente deformabile per superare i piccoli capillari del microcircolo. Inoltre l’eritrocita deve contenere adeguate quantità del pigmento che lega l’ossigeno, L’eme, che si trova ordinatamente impacchettato in un involucro proteico chiamato globina. La delicata struttura del globulo rosso, quindi, è finalizzata al trasporto dell’ossigeno ed al mantenimento dell’emoglobina in uno stato funzionale. L’emoglobina (Hb) costituisce la massima parte delle proteine degli eritrociti ai quali conferisce il caratteristico colore rosso. Ha la funzione di trasportare l’O2 dal polmone ai tessuti; partecipa direttamente e indirettamente al trasporto del CO2 dai tessuti al polmone. Inoltre contribuisce con i fosfati, i bicarbonato e le altre proteine a mantenere costante il pH del sangue.

E’ un tetrametro formato da 4 catene polipeptidiche, due a due uguali, ed ogni catena è associata ad un gruppo prostatico, l’eme, che contiene un atomo di ferro bivalente (Fe++). L’emoglobina nel polmone, dove la pressione parziale dell’ossigeno è alta, è in grado di legare a ciascuna subunità una molecola di ossigeno. L’ossigeno viene liberato neo tessuti e impiegato nella respirazione cellulare.

Solo una parte del CO2 (25% circa) è trasportato direttamente dall’ Hb combinato con gruppi amminici a formare carbamino derivati.

L’ eme è formato da uno scheletro costituito da 4 anelli pirrolici uniti da 4 ponti metinici (—C=). A causa della risonanza la posizione dei singoli e dei doppi legami nel nucleo tetrapirrolico dell’eme non può essere definita, i numerosi doppi legami fanno si che la struttura sia piana. Il nucleo tetrapirrolico privo di sostituenti sugli atomi di carbonio periferici si chiama porfirina. I 4 azoti rivolti all’interno del nucleo tetrapirrolico planare, costituiscono un sito capace di alloggiare ioni metallici come Fe 2+ e Fe 3+ . Due azoti pirrolici dissociano H+ acquistando una carica negativa. I metalli si associano al nucleo tetrapirrolico formando legami coordinativi. Sia il ferro ferroso (Fe 2+) ce il ferro ferrico (Fe 3+ )formano 6 legami di coordinazione: 4 giaccioni su un poano mentre gli altri 2 sono ortogonali al piano.

La globina. Nell’emoglobima vi sono due subunità a e due b per cui viene rappresentata con la seguente formula a2b2 pur differendo per il numero totale di amminoacidi (141 nella catena a¸146 nella catena b) e per la sequenza amminoacidica le subunità a e b hanno tutte struttura tridimanesionale simile con 8 tratti elicoidali intervallati da tratti senza struttura.

Rapporto eme-globina. La catena polipeptidica si ripiega nello spazio in modo da formare una tasca idrofobia in cui si inserisce l’eme che viene così a trovarsi a contatto con circa 60 atomi della globina. Dei 6 legami coordinativi del Fe 2+ i 4 planari sono impegnati con gli azoti dell’anello tetrapirrolico. Un quinto legame , perpendicolare ai precedenti, viene formato con un azoto dell’anello imidazolico dll’istidina , mentre il sesto legame è in grado di legare delle molecole neutre come O2 e CO. Infatti nell’eme le due cariche positive del Fe 2+ sono neutralizzate dalle due cariche negative degli azoti pirrolici. Altri legami idrofobici si costituiscono tra l’eme e catene laterali apolari di residui amminoacidici presenti nelle cavità.

Il sangue sottratto al suo ambiente naturale, la rete vasale, coagula in pochi minuti.

Gli elementi corpuscolari rimangono imbrigliati nel coagulo costituito dalla fibrina e si separa un liquido giallo paglierino, il siero.

La fuoriuscita del sangue dal letto vascolare provoca l’attivazione di un complesso di enzimi proteolitici disposti a cascata: il risultato è la trasformazione del fibrinogeno a fibrina che forma il coagulo.

Il fibrinogeno è una glicoproteina di grosse dimensioni formata da 3 coppie di catene polipeptidiche denominate Aa, Bb, g, per cui la formula che lo rappresenta è (Aa, Bb, g)2 le catene sono unite tra loro da ponti disolfuro (S—S).L’enzima trombina idrolizza specificatamente alcuni legami nelle catene Aa e Bb con formazione di fibrina monomero (a, b, g)2 e fibrinopeptidi A e B

(Aa, Bb, g)2 ------------------> (a, b, g)2 +2A + 2B

trombina

La fibrina ha una forte tendenza a polimerizzare

(a, b, g)2 ------------------> (a, b, g)2n

reazione spontanea

Si forma così un coagulo che è facilmente digerito da altre proteine come la plasmina. I legami che uniscono i vari monomeri di fibrina in questo tipo di coagulo, sono legami deboli che si instaurano sia tra le teste e le code delle molecole di fibrina sia tra le loro facce laterali, è la rimozione dei fibrinopeptidi A e B a favorire la polimerizzazione.

In presenza di un enzima, il fattore XIII, attivato o fattore stabilizzante il coagulo si formano vari legami peptidici tra le molecole di fibrina portando ad un coagulo insolubile e molto resistente.

Il fattore XIII, nel sangue è presente in forma inattiva, ma viene attivato dalla trombina in presenza di Ca++ .

Nella formazione del coagulo vengono imbrigliate le cellule ematiche e le piastrine che hanno un ruolo importante in quanto liberano fattori proteici che accelerano l’emocoagulazione. Tra l’aòtro le piastrine contengono actomiosina che contraendosi provoca la retrazione del coagulo.

Pur essendo molto resistente alla proteolisi dopo pochi giorni il coagulo viene liso dalla plasmina un enzima attivo che si forma dal plasminogeno.

La trombina è un enzima costituito da due catene polipeptidiche unite da ponti disolfuro. La trombina normalmente è inattiva ma può venire attivata da una serie di enzimi che agiscono a cascata ossia una volta attivato il primo gli altri si attivano di conseguenza, risulta evidente che il primo fattore scatenante la cascata coagulativa è un danno ai vasi sanguigni.

E’ interessante notare che i fattori della coagulazione sono distribuiti in compartimenti anatomicamente diversi: il plasma le pistrine e i tessuti. Questo naturalmente aiuta a mantenere sotto controllo un meccanismo che essendo costituito da una cascata di reazioni irreversibili ha carattere esplosivo. Vi sono tuttavia altri motivi che impediscono in condizioni fisiologiche la coagulazione intravasale del sangue. Innanzitutto la sua rapida circolazione diluisce i fattori che dovessero venir man mano attivati, inoltre i fattori attivati a differenza dei precursori, sono rapidamente rimossi dalle cellule del fegato quando, trasportati dalla corrente circolatoria, giungono al fegato.La presenza nel sangue di inibitori naturali dei fattori dell’ emocoagulazione attivati è un altro elemento che impedisce l’emocoagulazione intravasale.

   10/12   

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