Effetto fotoelettrico e tecnologia fotovoltaica di Davide Mamone (davide.mamone@gmail.com), Paolo Gallina (alpin8@libero.it), Marianna Esposito (emmesposito@libero.it)

Quantizzazione della luce

Il contributo notevole che diede Einstein al dibattito sul fenomeno fotoelettrico fu quello di trovare dei principi generali dai quali, tra l’altro, far discendere la spiegazione dell’effetto fotoelettrico. Esso costituisce un modo esemplificativo di ciò che Einstein chiama teorie dei principi. Egli individua, innanzitutto, una asimmetria nella trattazione dei fisici che assegnavano una natura discontinua alla materia ponderabile ed una natura continua alla radiazione elettromagnetica. Einstein introduce così la quantizzazione, che M. Planck aveva utilizzato come mero artificio di calcolo per risolvere il problema della radiazione di corpo nero, [I1] .

La teoria dei campi di Maxwell era valida solo per fenomeni macroscopici; i fenomeni microscopici necessitavano di un altro principio che li spiegasse , i quanti. Una trattazione di tipo statistico di questi ultimi ridà i fenomeni macroscopici. Questo vale anche per la luce come fenomeno del campo elettromagnetico. Il fenomeno fotoelettrico risultava più comprensibile se considerato in base all’ipotesi che l’energia sia distribuita nello spazio in modo discontinuo. La luce non doveva più essere considerata qualcosa di continuo, ma costituita da quanti di luce, come dirà successivamente Lewis, da Fotoni [I2]. I quanti sono, dunque, assunti a principio generale. Inoltre, dai principi generali della termodinamica, Einstein calcola l’entropia di un gas in funzione del volume da esso occupato e l’entropia della radiazione di corpo nero. Dal fatto che le entropie hanno circa la stessa forma per gas e radiazione conclude che anche la struttura corpuscolare di gas e radiazione deve essere la stessa ammettendo che le leggi di emissione e trasformazione della luce siano costituite come se la luce fosse formata da quanti, ciascuno avente energia = hf, con h = costante di Planck e f frequenza della radiazione. Poiché la “luce eccitatrice” è costituita da quanti l’emissione di elettroni si spiega ammettendo che l’energia penetra nello strato superficiale del corpo e la loro energia si trasforma, almeno in parte, in energia cinetica di elettroni. Differenti metalli richiedono diverse energie di estrazione dei metalli. Per un dato metallo, all’aumentare della frequenza oltre quella di soglia aumenta l’energia cinetica con la quale un dato elettrone è emesso dal metallo. Aumentando l’intensità della radiazione di una data frequenza, un maggior numero di fotoni andrà a colpire la superficie del metallo nell’unità di tempo, ma l’energia di ciascun quanto di luce resterà invariata. Conseguentemente aumenterà la corrente elettronica emessa dal metallo, ma non l’energia cinetica dei singoli elettroni.

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