La novella nella letteratura italiana di Beatrice Fiora

DAL 1500 AL 1700

In questo secolo il classicismo bembesco stabilisce ancora una volta in Boccaccio il prototipo della narrativa, benché la novellistica cinquecentesca proponga tematiche più ampie rispetto al Decameron. La novella del Cinquecento è boccaccesca: boccacceschi sono i temi, boccacceschi i personaggi. Solo che quella che era stata licenza in Boccaccio, diventa ora, molto spesso, oscenità. La ragione sta nel fatto che la novella in questo secolo, più che proporsi un intento letterario, persegue un intento di intrattenimento e divertimento, divertimento di una società sensuale, tutta intrisa di terrenità, disinteressata ai grandi temi della morale, della fede, della politica. Il più importante fra gli autori di novelle fu Matteo Bandello [I] [ES], autore di poco più che duecento novelle. Non senza ragione Bandello chiamava "casi" le sue novelle. In esse, infatti, il caso e non il personaggio (come era stato invece in Boccaccio) è il vero protagonista. Proprio per il tipo di pubblico per cui erano pensate, quello cortigiano, le novelle di Bandello non seguono il modello boccacciano. I racconti, infatti, non fanno parte di una struttura unitaria come nel Decameron, ma sono dedicati, singolarmente, tramite lettere dedicatorie, a personaggi dell'epoca. Per quanto concerne il problema della lingua, Bandello rifiutò i canoni bembeschi, preferendo un linguaggio di uso tipicamente cortigiano. Si considera che grande sia stata l'influenza esercitata dalle sue novelle anche sull'opera di William Shakespeare [ES] [E] [F] [I] che dai racconti di Bandello trasse alcune commedie, oltre che la celebre vicenda di Romeo e Giulietta [ES] [E] [F] [I] . La storia di Romeo e Giulietta, priva di qualsiasi fondamento storico, è nata esclusivamente dall'invenzione letteraria, dalla riflessione sulla potenza dell'amore; la vicenda è diventata modello di tutta la cultura occidentale, tanto sentita che si è addirittura data concretezza storica alle figure dei due innamorati, immaginando una loro tomba e le loro abitazioni a Verona. La leggenda di Romeo e Giulietta si inserisce nel tradizionale filone dell’amore contrastato dai genitori tipico della letteratura italiana. La lunga redazione offerta da Bandello nella novella La sfortunata morte di dui infelicissimi amanti che l’uno di veleno e l’alto di dolore morirono, con vari accidenti(1544) (Novella IX parte seconda nella raccolta) [I] arriva, attraverso una traduzione inglese a William Shakespeare, che la immortala nella tragedia Romeo e Giulietta. Ecco la vicenda dei due giovani: Romeo appartiene alla famiglia dei Montecchi, acerrima nemica dei Cappelletti, di cui fa parte Giulietta. Il ragazzo interviene ad un ballo in maschera della famiglia avversaria, ed in quella occasione vede una splendida giovane, e se ne innamora; identico sentimento coinvolge la ragazza e, entrambi ignari dei rispettivi casati, vanno incontro ad un fatale amore che li conduce, dopo peripezie e sofferenze, alla morte. In generale la produzione novellistica italiana del Cinquecento, la più ricca tra le europee, ispira soggetti teatrali soprattutto agli autori inglesi (oltre al già citato Shakespeare, ricordiamo John Webster e John Ford), in particolare questa vicenda è ripresa anche dal drammaturgo spagnolo Lope de Vega (1562 - 1635) e da vari compositori di ogni nazionalità che ne hanno fatto oggetto di melodrammi e balletti. Nel Seicento, età del Barocco, la novella perde di centralità, a favore del romanzo, espressione più tipica dell'età barocca. La novella rifiorisce e si arricchisce di colori fiabeschi semmai in dialetto nel grande repertorio favolistico del napoletano Gian Battista Basile, con il suo Cunto de li cunti [I] [E] [ES] [ES 2] detto anche Pentamerone per la divisione delle favole in cinque giornate, pubblicato postumo fra il 1634 e il 1636. Si tratta di cinquanta favole, raccontate in cinque giorni da dieci vecchie. La felicità creativa di Basile, la cui opera fu fonte d'ispirazione per favolisti stranieri come i fratelli Grimm e Perrault, consiste nel sapiente dosaggio di elementi della cultura letteraria e di fantasia popolare. Il libro è certamente barocco per la rutilante immaginativa stilistica, ma il cumulo delle metafore, la serie delle similitudini, la sovrabbondante invenzione lessicale finiscono per assumere, nell'atmosfera ingenua e primitiva evocata dall'autore, una levità e una gaiezza straordinarie. Nel Settecento, ancora una volta non è grandissimo l'intersse per questo genere, seppure, proprio nel secolo dei Lumi, in Francia, Voltaire inventi la novella filosofica. In Italia, i libertini tentano il filone della novella erotico-galante in versi. Ricordiamo Giambattista Casti, abate inquieto e gaudente, tipica figura del secondo Settecento, che deve la sua fortuna alle licenziose Novelle galanti composte in ottave fra il 1778 e il 1802.

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Edurete.org Roberto Trinchero