Tibullo, un percorso attraverso la I elegia di Beniamino di Dario

L’idealizzazione della vita agreste

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La campagna è per Tibullo un luogo idilliaco di evasione, lontano e al riparo dai vizi, dalla degenerazione e dalla violenza, dalla guerra e dalla politica: un mondo di pace e di innocenza, una sorta di paradiso perduto dove rifugiarsi con la poesia, abbandonandosi al sogno nostalgico di un’aurea aetas (I1) (I2) (Fr1) (Fr2). In tal senso è possibile cogliere un punto di contatto con le Bucoliche virgiliane (I1) , rispetto alle quali notiamo tuttavia un maggiore realismo nella descrizione dei lavori agricoli, come nei seguenti versi (vv. 7- 10).

Ipse seram teneras maturo tempore vites
rusticus et facili grandia poma manu;
nec Spes destituat, sed frugum semper acervos
praebeat et pleno pinguia musta lacu.
10

Io stesso pianterò, da contadino, nella stagione propizia, le tenere viti,

e i grandi alberi da frutto con mano esperta;

e Spes non venga meno, ma mi conceda sempre mucchi di messi

e denso mosto nel tino ricolmo.

L’esistenza vagheggiata dal poeta è costituita da una vita serena scandita dai lavori agricoli: la coltivazione delle viti e degli alberi da frutto, il momento della raccolta e della vendemmia. L’esaltazione degli antichi valori agresti celebrati dall'ideologia arcaizzante del principato costituiscono senza dubbio un punto di contatto tra gli ideali tibulliani e la politica augustea (I1).

seram = è un futuro: ‘coltiverò’

rusticus = predicativo del soggetto

facili … manu = ‘con mano esperta’, ablativo di mezzo

destituat = congiuntivo esortativo, come il successivo praebeat

frugum acervos = sono i mucchi di grano: ritorna l'idea dell'accumulo dei versi iniziali, ma di segno profondamente cambiato

musta = plurale poetico

Rilievi lessicali

lacu = lacus designa qualsiasi contenitore di liquidi, a differenza dall’italiano ‘lago’, che ha un significato circoscritto

Figure retoriche

grandia poma = pomum è propriamente il frutto, che qui va ad indicare metonimicamente gli alberi da frutto

Nec tamen interdum pudeat tenuisse bidentem
aut stimulo tardos increpuisse boves,
30
non agnamve sinu pigeat fetumve capellae
desertum oblita matre referre domum.
At vos exiguo pecori, furesque lupique,
parcite: de magno est praeda petenda grege.

E tuttavia io non provi vergogna a impugnare talvolta il bidente

o di stimolare col pungolo i tardi buoi,

non mi dispiaccia riportare a casa in grembo o un’agnella

o il piccolo di una capra abbandonato perché la madre se ne è dimenticata.

Ma voi, ladri e lupi, risparmiate il piccolo gregge,

la preda va cercata da un gregge numeroso.

Appare chiaro da questi versi (29 – 34), che l’ideale elegiaco, contrapposto a quello cittadino, non disdegnava il lavoro personale nei campi. Tibullo si presenta anche come pastore amorevole, e l'immagine della capretta abbandonata fornisce pathos all'intera scena.

L’importante era, come sottolinea l’avverbio interdum, che tale lavoro avesse un carattere occasionale e non fosse imposto dalla necessità. Questo particolare, del resto, consente di comprendere ancora meglio i caratteri dell’ideale di paupertas.

(me) pudeat = congiuntivo esortativo

stimulo = ablativo di mezzo

oblita madre = ablativo assoluto con valore causale

Vosfuresque lupique = ladri e lupi, i peggiori nemici dei pastori

Rilievi lessicali

bidens = strumento agricolo a due denti, adoperato per il fieno

stimulo = lo stimulus era il pungolo per i buoi; in italiano esso ha mantenuto solo il senso figurato

Figure retoriche

furesque … lupique = si noti il polisindeto che conferisce maggiore solennità alla preghiera del poeta

de magno … grege = l’iperbato dà grande rilievo all’aggettivo magnus

ESERCIZI

· Si descriva l’atteggiamento di Tibullo verso la politica augustea, elencando i punti di contatto e di dissenso

· Si crei un piccolo repertorio lessicale dei termini, dei verbi e delle espressioni legate al mondo agricolo incontrate nei versi studiati

· Si individui e si commenti la presenza di figure retoriche

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Indice percorso Edita
Edurete.org Roberto Trinchero