L'intolleranza razziale antiebraica di Giovanni Lauretta (giovanni.lauretta@fastwebnet.it), Fulvia Dellavalle (fulvia_dellavalle@yahoo.it), Daniela De Luca (dana.dl@libero.it), Maria De Luca (deindeit@yahoo.it)

Le basi molecolari dell'ereditarietà

I primi studiosi dell'eredità, come Mendel [FR1] [EN1] , Sutton e Morgan, avevano focalizzato la loro ricerca su come i geni [I1] [EN1] [ES1] vengono trasmessi da una generazione all'altra e sulla loro disposizione nei cromosomi [FR1] . Questi studi tuttavia avevano sollevato molte domande che attendevano una risposta. Di quale sostannza chimica sono fatti i geni? Come può questa sostanza replicarsi esattamente e assicurare che i caratteri dei genitori vengano trasmessi fedelmente alla progenie? Come agiscono i geni? Perché a volte compaiono caratteri nuovi? I genetisti avevano osservato che in una popolazione di moscerini con occhi rossi comparivano moscerini con occhi bianchi. I meccanismi dell'eredità che erano stati scoperti richiedevano la presenza sui cromosomi di una sostanza in grado di: • riprodursi con esattezza; • controllare con la propria attività il funzionamento dell'organismo; • variare talvolta. Verso la metà del nostro secolo, dopo molti studi di biochimica e di citologia, divenne evidente che la macromolecola del DNA [I1] [EN1] [EN2] [ES1] [ES2] [FR1] [FR2] possedeva tutte le proprietà chimiche che la rendevano più adatta di ogni altra sostanza a rappresentare il materiale ereditario in tutti gli organismi viventi.

Alcune caratteristiche del DNA sono:

• È una molecola stabile, a differenza delle proteine che vengono continuamente sostituite all'interno della cellula; solo una molecola che rimane costante può conservare e trasmettere l'informazione genetica.

• Come i cromosomi, si duplica prima della divisione cellulare e si ripartisce equamente nelle cellule figlie.

• È costituito da quattro nucleotidi che combinandosi formano un'infinita varietà di sequenze e possono perciò contenere l'enorme quantità di informazione genetica presente nei viventi.

• È presente in quantità quasi identiche e con la stessa composizione nelle cellule di tuttti gli individui di una stessa specie; specie differenti, invece, hanno quantità diverse di DNA con composizione nucleotidica diversa .

• Costituisce, assieme ad alcune proteine che servono da supporto, il materiale di cui sono fatti i cromosomi.

Il DNA, controllando la sintesi delle proteine, determina le caratteristiche individuali: a ogni proteina corrisponde un carattere.

La scoperta del codice genetico e la sua decifrazione hanno permesso di stabilire più esattamente la natura del gene. Si sa, ad esempio, che per codificaare l'informazione per la sintesi di una proteina di 300 aminoacidi occorrono 300 triplette, cioè 900 basi. Poiché ogni filamento del DNA contiene molte più basi, si può dedurre che un gene è una parte, o segmento, della molecola del DNA che codifica per una proteina specifica.

Tale concetto viene sintetizzato dai genetisti nell'espressione un gene/una proteina.

Nel 1791, in una fattoria del Massachusetts, vennero alla luce agnelli con il dorso lungo e le gambe molto corte. Questi crebbero sani e incrociati tra loro diedero origine ad altri individui simili: così ebbe origine la razza di pecore Ancon.

Quando un nuovo carattere compare all'improvviso in un ceppo di organismi che prima ne era privo si parla di mutazione. Sono esempi di mutazioni l'albinismo, comune in ogni gruppo di animali, i vari colori del pelo e delle penne, forme e colori diversi dei fiori, forma delle foglie, e anche anomalie ereditarie nell'uomo come il daltonismo o l'emofilia. Anche alcune delle caratteristiche dei piselli studiate da Mendel si erano originate per mutazione.

Molti caratteri delle razze di animali domestici e di piante coltivate, apparsi per mutazione, sono stati conservati grazie all'opera selezionatrice dell'uoomo. Ne sono un esempio i cani bassotti, i canarini gialli (allo stato selvatico il colore è verde), il pelame angora nei gatti. Le mutazioni avvengono in tutti gli organismi: nei virus e nei batteri come nelle piante e negli animali, uomo compreso. Le mutazioni avvengono a caso, sono cioè imprevedibili, e i caratteri nuovi che esse determinano vengono ereditati come quelli originari. Sulla base delle attuali conoscenze si può dire che una mutazione riflette sempre un cambiamento nella struttura di un gene, cioè un cambiamento nella molp- la del DNA che porta l'informazione per quel gene.

L'immagine sottostante mostra i biologi Watson e Crick di fronte al loro modello della struttura a doppia elica del DNA.

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