La nascita dei fascismi in Italia e Germania di Daniela Raimondo (raimondopatrucco@libero.it), Valter Balzola (), Rossana Denicolai ()

PRESA DEL POTERE

Politicamente il nuovo movimento si era schierato, all’inizio, a sinistra, chiedendo audaci riforme sociali e dichiarandosi favorevole alla repubblica. Ostentava però anche un acceso nazionalismo e una feroce avversione nei confronti dei socialisti. Ai suoi esordi raccolse solo scarse ed assai eterogenee adesioni (ex repubblicani, ex sindacalisti rivoluzionari, ex arditi di guerra), ma si fece subito notare per il suo stile politico aggressivo e violento, insofferente di vincoli ideologici e tutto teso verso l’azione diretta. (già ad aprile 1919 i fascisti si resero responsabili dell’attacco all’”Avanti”, conclusosi con l’incendio del giornale socialista).

L’occupazione delle fabbriche e la scissione di Livorno, che nel 1921 aveva visto il partito socialista spaccarsi, con la formazione del Partito comunista, fondato da Gramsci e Bordiga, di ispirazione rigorosamente leninista, segnarono la fine del biennio rosso. Provata da due anni di lotte ed indebolita dalle divisioni interne, la classe operaia incominciò ad accusare i colpi della crisi recessiva che stava investendo l’economia italiana ed europea e che si tradusse in un forte aumento della disoccupazione, e in una perdita di potere contrattuale per i lavoratori.

In questo quadro, in larga parte comune a tutto il resto dell’Europa, in Italia si inserì un fenomeno che non aveva riscontro in nessun altro paese e che aveva origine nelle campagne: lo sviluppo improvviso del fascismo agrario.

Fino all’autunno del 1920 il fascismo aveva svolto un ruolo marginale nella vita politica, ottenendo poche migliaia di voti e nessun deputato alle elezioni del ’19. Nel giro di pochi mesi, però, lo squadrismo fascista dilagò nelle province padane, estendendosi poi in parte della Toscana e dell'Umbria. Le squadre arrivavano nella località prescelta per la spedizione in camion, e si scatenavano contro le camere del lavoro, contro le sedi delle leghe rosse e gli esponenti locali del sindacato, spesso costretti da percosse, violenze e minacce a lasciare il loro paese. La maggior parte delle amministrazioni rosse della “Valpadana” dovette dimettersi.

I fascisti trovarono nelle forze dell'ordine una benevola tolleranza che spesso, in caso di violenze, le spingeva a chiudere un occhio, quando non entrambi, senza intervenire per impedire gli atti criminali. In questo i militari erano sostenuti dal tacito appoggio dei membri della vecchia classe liberale, che, come abbiamo visto, temeva che le istanze democratiche dei nuovi partiti di massa sfociassero in una rivoluzione simile a quella sovietica, e pensava di servirsi dei fascisti per debellare in particolare la minaccia socialista, per poi "metterli da parte", una volta ottenuto lo scopo.

In tale prospettiva rientravano le elezioni anticipate, convocate nel 1921 da Giolitti che accolse nelle sue liste di coalizione i candidati fascisti, con l'intento di schiacciare definitivamente il nemico socialista. Mussolini accettò di entrare nei "blocchi nazionali" perché voleva ottenere un riconoscimento anche ufficiale da parte delle forze politiche tradizionali. Nonostante le manovre di Giolitti, le elezioni non andarono come aveva sperato: la sinistra, sebbene divisa e appena reduce dalla scissione di Livorno, dove un gruppo guidato da Bordiga e Gramsci si era staccato dai socialisti per formare il Partito Comunista Italiano, ottenne complessivamente un buon risultato, come pure i popolari. Ancora una volta, invece, la vecchia classe dirigente non riuscì ad ottenere la maggioranza parlamentare, pur migliorando le posizioni della precedente tornata elettorale. I fascisti, che non erano presenti in parlamento, riuscirono ad entrare alla Camera con trentacinque deputati: il movimento di Mussolini fu così definitivamente legittimato.

Subito dopo le elezioni, il nuovo governo cercò di mettere fine agli scontri tra fascisti e socialisti, favorendo la firma di "un patto di pacificazione". La tregua, solo apparente, non fu rispettata dagli squadristi. Mussolini che considerava il patto come una mossa nell'ambito della sua strategia per arrivare al potere, continuò ad operare sia sul piano ufficiale, parlamentare, che su quello dell'illegalità e della violenza armata.

L'Italie passe au fascisme [F1] [F2]

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