Le fiabe del '600 in Europa di Nicola Christian Barbieri, Amelia Nocera

Giambattista Basile e la struttura del Pentamerone

Lo “Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de peccerille[E1] [E2] [E3] [E4] [E5] [F] [I1] [I2] [I3] [I4] di Gian Alesio Abbattutis, G.B. Basile [E] [I] , vede la luce nel 1634, più precisamente, essendo la raccolta di fiabe divisa in cinque giornate, nell’arco dello stesso anno vengono pubblicate le prime tre giornate, tra il 1634 ed il ’35 appare la quarta e nel 1636 la quinta. Sin dalla questa prima edizione è già presente, nelle dediche che si trovano allegate ad alcune giornate, il titolo di Pentamerone anche se non sappiamo se questo titolo sia stato scelto dallo stesso Basile o dall’editore; certo è che la raccolta viene più spesso indicata con questo titolo, forse perché più breve e richiamante titoli celebri. Nel 1674 l’opera prende sul frontespizio, per la prima volta, il titolo di Pentamerone, edizione a cura dell’abate pugliese Pompeo Sarnelli.

Si è così consolidata la circolazione di un testo chiave della favolistica europea, che vede numerose pubblicazioni anche nel XVIII secolo per poi essere dimenticato fino alla riscoperta di Benedetto Croce [E] [I] che, traducendolo in italiano, cercò di farne apprezzare il contenuto artistico. Il titolo della raccolta di fiabe è dovuto alla sua struttura, l’avvio della narrazione è dato già nell’introduzione dove viene narrata la fiaba della principessa Zoza e del principe Taddeo; la loro storia, fungendo da cornice, dà inizio al racconto di altre quarantanove fiabe per poi concludersi con la cinquantesima che segna la fine anche della fiaba introduttiva. Ci troviamo di fronte ad un sofisticato racconto multiplo con cui il meraviglioso fiabesco si presenta secondo un percorso ad anello.

La fiaba introduttiva, dunque, è cornice da cui si dipanano i racconti. La principessa Zoza, protagonista del racconto, nonostante abbia lacrimato per tre giorni in un ‘anfora per risvegliare un principe vittima di una maledizione, si vede sfuggire il proprio obiettivo a causa di una schiava che approfitta del sonno improvviso della principessa per rubarle l’anfora, terminando la lacrimazione e sposando il principe.

Zoza tuttavia, aiutata da tre fate, suscita nella schiava il desiderio di ascoltare “Cunti” (fiabe): ecco che si dà inizio al viaggio nel mondo delle fiabe la cui narrazione è affidata a dieci novellatrici che, in cinque giorni, racconteranno a turno, per arrivare al lieto fine della storia di Zoza. Ciascuna delle cinque giornate si apre con la descrizione di vari giochi con i quali la compagnia delle novellatrici si intrattiene nelle prime ore del mattino, ogni “Cunto” è preceduto da un’introduzione morale e si chiude con un proverbio, alla fine delle singole giornate (esclusa la quinta), due persone della corte recitano un’egloga (un poema). Le egogle si presentano come satire morali in dialogo, nelle quali si discute su temi cari al Basile.

Una tale disposizione sembra rimandare direttamente al più celebre Decameron [E1] [E2] [E3] [E4] [I1] [I2] [I3] [S1] [S2] del Boccaccio [E] [I] , è da escludere però una tale congruenza di intenti tra i due testi, così come ci si allontanerebbe dalla verità evidenziando una ricerca di effetti parodistici del “Cunto” rispetto al Decameron. Infatti, seguendo i racconti con attenzione, si può scorgere come la cornice e le novelle siano state concepite come se l’autore tenesse presenti sia la perfezione del modello del Boccaccio, per ciò che concerne la struttura esterna dell’opera, sia la irrequieta visione del mondo della contemporanea civiltà barocca per ciò che riguarda i motivi, i sentimenti, il linguaggio che animano i personaggi del Pentamerone.

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Edurete.org Roberto Trinchero