La globalizzazione dell'economia di Teresa Ferro

LE POLITICHE INTERNAZIONALI E L’INTEGRAZIONE ECONOMICA

L’attuale ondata di globalizzazione è caratterizzata dalla riduzione delle restrizioni commerciali, che ha preso avvio venti anni fa.

Mediamente, rispetto alle altre aree del mondo, l’impegno per liberalizzare gli scambi nell’Africa subsahariana, nel Medio Oriente e in Nord Africa è stato più limitato. La maggior parte di queste misure ha avuto natura prevalentemente unilaterale e non è stata effettuata in seguito a negoziati multilaterali nell’ambito del GATT [EN1][EN2][EN3][EN4][FR1][ES1] (General Agreement Tariffs and Trade) o del suo successore, il WTO[EN1][ES1][FR1] (World Trade Organization).

Anche se molti Paesi in via di sviluppo hanno scelto di liberalizzare gli scambi, essi continuano a dover subire le politiche protezionistiche dei Paesi ricchi.

Il livello medio dei dazi nei Paesi ricchi è basso; tuttavia le barriere commerciali rimangono elevate proprio nei settori in cui i Paesi in via di sviluppo hanno un relativo vantaggio: agricoltura e beni ad alta intensità di lavoro. Le barriere commerciali nei Paesi in via di sviluppo sono tre volte più elevate rispetto a quelle dei Paesi OCSE[EN1][FR1] (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

Dato che i Paesi in via di sviluppo commerciano molto più fra di loro che in passato e che il 70% dei dazi imposti sulle esportazioni dei Pvs viene applicato da altri Pvs, un significativo vantaggio potrebbe derivare da una serie di negoziati multilaterali all’interno del WTO al fine di garantire un migliore accesso per i Pvs ai mercati dei Paesi ricchi e ai loro stessi mercati. Tuttavia, l’organizzazione di negoziati multilaterali è ostacolata dagli interessi protezionistici nel Nord del mondo. I Paesi industrializzati, inoltre, a causa della loro insistenza sulla necessità di armonizzazione istituzionale in ambiti quali i diritti di proprietà intellettuale, gli standard sanitari, la regolazione del lavoro e dell’ambiente come pre-requisito per l’accesso ai loro mercati, riducono notevolmente le prospettive di maggiori scambi fra Nord e Sud. La minaccia di sanzioni commerciali tramite il WTO non rappresenta un aiuto, ma un ulteriore elemento negativo. Ciò che serve, invece, è un maggiore sostegno a politiche interne per migliorare le condizioni lavorative e ambientali.

Studi su casi singoli o gruppi di imprese mostrano che, anche se possono essere competitive, le imprese dei Paesi in via di sviluppo spesso sono ostacolate da un ambiente non favorevole agli investimenti.

La presenza di un ambiente favorevole agli investimenti è di fondamentale importanza per le piccole e medie imprese, che daranno origine alla maggioranza dei nuovi posti di lavoro.

Gli elementi che costituiscono tale ambiente sono:

norme efficienti e snelle in materia di entrata e uscita dal mercato;

un sistema finanziario solido;

infrastrutture di qualità;

un buon governo dell’economia (meccanismi che garantiscano il rispetto dei contratti, amministrazione fiscale, misure contro la corruzione).

Il commercio e/o l’investimento esteri possono contribuire allo sviluppo dei servizi finanziari, contabili, delle telecomunicazioni, dell’energia, dei porti, dell’amministrazione delle dogane e di altre aree infrastrutturali critiche.

Parallelamente alla liberalizzazione commerciale, pertanto, i Pvs hanno ridotto le limitazioni agli investimenti esteri: i flussi di capitali privati verso i Pvs sono aumentati vertiginosamente, con conseguenti benefici quali l’aumento dell’offerta di capitale ed un maggiore accesso a tecnologie, management e mercati.

Nonostante i vantaggi considerevoli connessi alla riduzione delle barriere al libero scambio, la partecipazione ai mercati mondiali dei capitali comporta anche notevoli rischi, soprattutto in assenza di un sistema finanziario interno solido. E’ possibile ridurre la frequenza e la gravità delle crisi finanziarie internazionali attraverso un migliore coordinamento in materia di trasparenza e diffusione delle informazioni, e di gestione delle crisi. Allo stesso tempo, gli sforzi a livello internazionale, guidati dal Fondo Monetario Internazionale(FMI) [IT1][EN1][ES1][FR1]) per convogliare liquidità nei Paesi con politiche economiche volte a fronteggiare shock di breve periodo, sono molto importanti per il regolare funzionamento del sistema finanziario internazionale. Gli aiuti esteri rappresentano un flusso finanziario di vitale importanza per i Paesi più poveri.

Anche l’emigrazione rappresenta una possibile soluzione per un grande numero di persone che vivono nelle regioni povere. In continenti come l’Africa e in Paesi di grandi dimensioni (come Cina e India) crescerà la pressione a spostarsi dalle aree rurali povere alle città.

Nell’economia mondiale c’è ancora spazio per ulteriori agglomerati di produzione/servizi, che probabilmente si svilupperanno sulle coste o lungo i fiumi principali, a patto che vi sia un ambiente favorevole agli investimenti che attragga i produttori. Si determineranno, inoltre, crescenti pressioni all’emigrazione dal Sud al Nord del Mondo, specialmente di lavoratori non qualificati. I Paesi ricchi dovrebbero evitare di adottare politiche migratorie[IT1][IT2][IT3][IT4][EN1][FR1][FR2][FR3][ES1] incentrate esclusivamente sull’emigrazione dal Sud al Nord di lavoratori qualificati. E’ a causa di tali politiche che l’immigrazione illegale di lavoratori non qualificati è considerevolmente aumentata negli anni ’90. Per via dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi ricchi e dell’aumento della popolazione nelle aree in cui si concentra la povertà (Asia Meridionale e Africa), potrebbe dimostrarsi reciprocamente vantaggioso garantire una maggiore libertà di migrazione verso Nord ai lavoratori non qualificati.

In questo ambiente più dinamico occorrono nuovi schemi di protezione sociale. Dal momento che nel processo di globalizzazione vi sono sia vincitori che vinti, è importante stabilire che cosa si può fare per ridurre e attenuare l’impatto negativo delle riforme finalizzate a raggiungere una maggiore integrazione dell’economia con il resto del mondo.

In primo luogo, un importante programma di riforme potrebbe determinare consistenti perdite a carico di un gruppo sociale ben definito, per es. i lavoratori che perdono le rendite derivanti dalle misure protezionistiche[IT1][IT2][IT3][EN1]. Anche se questi gruppi non sono costituiti da persone particolarmente povere, potrebbe rivelarsi socialmente efficiente assegnare loro una compensazione una tantum per fare avanzare le riforme più speditamente. In caso contrario, coloro che subiscono le perdite più consistenti si opporranno esplicitamente alle riforme.

In secondo luogo, potrebbero essere istituiti programmi permanenti per aiutare i lavoratori che rimangono disoccupati – l’esempio più ovvio è costituito dal sussidio di disoccupazione.

I sistemi di protezione sociale[IT1][IT2][IT3][IT4][IT5][IT6][FR1][FR2][FR3][FR4][FR5][EN1][EN2][EN3][EN4] sono importanti non solo per aiutare le famiglie che subiscono perdite in un’economia più flessibile, ma anche per creare una solida base sociale in cui le persone – specialmente quelle povere – possano sentirsi a proprio agio e perseguire l’imprenditorialità.

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