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8.1. 
Teoria Generale dei Sistemi
Per cercare di capire ed interpretare la 
relazione educativa possiamo centrare la nostra attenzione sull’educando e i 
suoi sistemi, facendo riferimento alla Teoria Generale dei Sistemi
(I52)
(I53) 
(I54),  considerando  la società come fosse simile a un Sistema, cioè un 
insieme di parti differenziate in interdipendenza dinamica, sottosistemi in 
comunicazione fra loro e con l’esterno,  organizzazioni funzionalmente 
specializzate (Milanaccio 2004) come la famiglia, la scuola; ogni cosa di ciò 
che si fa è in relazione con l’appartenenza a ciascuno di questi sistemi. 
All’interno di quel sistema - o per qualcuno 
dei suoi sistemi di riferimento - tutto ciò che compie ha un senso soltanto se 
utilizza il codice linguistico dello stesso, cioè consuetudini riproduttive di 
senso, serie di corrispondenze precise sul piano dell’espressione e del 
contenuto. Soltanto in quest’ottica ci si può comprendere.
All’interno del sistema si è in reciproca interazione per cui anche l’influenza 
è reciproca, la modifica di uno dei sottosistemi andrà ad influenzare e quindi a 
modificare anche gli altri. Considerando la relazione come sistema, parte di  
sistemi più ampi, si dovrebbe riuscire a considerare il rapporto educativo 
insegnante allievo, educatore-educante in stretta interazione, che è anche 
stretta dipendenza. 
Il quesito che ci si potrebbe porre è se la 
relazione  insegnante-allievo potrebbe riuscire ad evolvere verso nuovi stati e 
soluzioni più efficaci all’apprendimento dell’allievo e verso una gratificazione 
professionale dell’insegnante.
È difficile credere che un individuo possa 
unilateralmente determinare un cambiamento in un altro ma possiamo credere che 
si possano favorire le condizioni per l’evoluzione, in un senso o in un altro, 
di un dato sistema.
8.2. Stile relazionale. 
Per un educatore è sicuramente apprezzabile e 
rilevante porsi in atteggiamento di disponibilità, essere pronti a scoprire la 
persona che si ha davanti, permettere che l’altro ci sorprenda, accettare ed 
accogliere senza chiusure anche quanto non ci si aspetta, lasciando lontano 
pregiudizi ed aspettative a senso unico.  È un modo di porsi che anche per gli 
allievi può essere stimolo a comportarsi in modo aperto e mantenere libera e 
viva la comunicazione. 
L’educatore come l’educando dovrebbe rendersi 
disponibili ad un reciproco apprendere, considerando l’importanza di “scoprire”, 
senza utilizzare rigide catalogazioni depersonalizzanti e generalizzanti, 
rischiando altrimenti di perdere di vista l’originalità, le peculiarità e le 
potenzialità di ognuno.
È costruttivo per ogni educatore porsi alcune 
domande in ottica pragmatica
(I31): in che modo posso aiutare l’ apprendimento di un mio allievo? Posso 
in qualche modo determinare il cambiamento che mi attendo? 
In quest’ottica anche il sottosistema 
all’interno del più grande Sistema può vivere ed evolversi in modo 
potenzialmente positivo
(I55)
(I56).
Se torniamo infatti alla Teoria Generale dei 
Sistemi e consideriamo la scuola sistema umano questo semplificare e banalizzare 
la realtà annulla il carattere di complessità che lo caratterizza.
 
8.3. Assimetria educativa
 Il modello della comunicazione considera 
l'insegnamento e l' apprendimento nient'altro che sottosistemi di un più ampio 
sistema che è la  comunicazione   sociale.
L'insegnamento e l'apprendimento assumono un significato nuovo (rispetto alle 
metodologie precedenti) quando vengono considerati aspetti interagenti  di  un 
 processo  di  comunicazione.                    
L' insegnante produce educazione non solo per i messaggi che trasmette, ma 
soprattutto per la relazione che stabilisce con l'alunno, diretta a suscitare 
reazioni che influiscono in senso positivo sull' apprendimento.
L' alunno, a sua volta, si educa e produce 
educazione nella misura in cui, rispondendo ai messaggi, provoca reazioni che 
influiscono in senso positivo sull' insegnamento. L'insegnante e l'alunno, 
quindi, nella comunicazione instaurano tra loro un processo di reciproca 
autoformazione. 
Il rapporto fra docente e discente è 
asimmetrico perché l' insegnante, esercitando una funzione di guida e di 
orientamento, occupa, nella comunicazione, una posizione di dominanza sull' 
alunno
(I58)
(I59).
 Il rapporto è educativo nella misura in cui l' 
insegnante considera l' alunno un interlocutore attivo e non passivo, capace di 
risposte che inducono anche lui ad un continuo processo di autoformazione.
Dobbiamo considerarlo rapporto di equilibrio, 
sintesi tra autorità e libertà, processo  relazionale in cui l’autorità è 
concepita come servizio, l’educatore/insegnante è guida all’apertura di un 
cammino di formazione ed è interprete dell’esperienza. Chi educa si trova in uno 
stato di superiorità funzionale ma non gerarchica, stato che genera un vincolo 
di responsabilità,  in  cui  la  dialogicità  orienta la relazione.     
 
8.4. Punto di vista dell’educando
L’apprendimento intrapreso in maniera autonoma, 
che coinvolge l’intera personalità – sentimenti e intelletto – è quello più 
profondo e duraturo.
L’educando, deve sentire di essere 
protagonista a pieno titolo del percorso educativo. È indispensabile il 
personale coinvolgimento del ragazzo al progetto pedagogico strutturato 
appositamente per lui. 
La condizione che rende inattuabile 
l’intervento d’aiuto è la mancata disponibilità di una delle parti in causa.
Occorre sottolineare il carattere peculiare 
della relazione d’aiuto, caratterizzato dalla completa specularità fra 
l’educatore e l’educando. L’educando è soggetto di cambiamento, ma l’educatore 
stesso è effettivamente coinvolto e suscettibile di cambiamento. La 
partecipazione dell’educando è necessariamente funzionale alla buona riuscita 
dell’intervento. È necessario disporre l’intervento educativo – scolastico, 
extrascolastico o famigliare – ponendolo in modo che il ragazzo sia coinvolto 
attivamente nella relazione senza subirla passivamente. 
Il punto di vista dell’educando deve emergere 
chiaramente nella comunicazione che dovrebbe essere il più possibile aperta e 
biunivoca. L’ottica del discente contribuisce a chiarire il percorso, fornendo 
un contributo funzionale, per esempio, a far capire i propri bisogni. 
L’incontro deve essere intenzionale per ambedue 
i soggetti coinvolti – educatore/educando -  e l’interazione deve essere 
costruita insieme. Entrambi devono compiere passi uno verso l’altro per potersi 
incontrare davvero. Anche nel caso che l’educando non sia in grado di 
relazionarsi adeguatamente per incapacità, per resistenza o disinteresse è 
importante, anche maggiormente, che l’educatore sappia compiere passi verso di 
lui, allontanando pregiudizi e orgoglio. 
A volte è difficile, da parte degli operatori, 
porre le basi per ottenere la fiducia da ragazzi che magari stanno già vivendo 
un particolare momento di disagio. È essenziale che il ragazzo riesca a vedere 
l’adulto meritevole di fiducia, in un ottica positiva che possa innescare una 
relazione circolare, reciprocamente  basata sulla stima e affidabilità, punto di 
partenza per ogni attività successiva.