Le Proteine di Lorenzo Flora (flora.lorenzo@libero.it), Davide Romano (romandave@libero.it), Paola Carbone (tarantapao@virgilio.it), Vittorio Romanelli (vg67-g@libero.it)

Strutture delle proteine

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PROTEINE: STRUTTURA PRIMARIA E SINTESI

Struttura primaria. Le proteine sono polipeptidi a sequenza definita: ogni proteina possiede un ordine fisso di residui amminoacidici e questa sequenza è definita come struttura primaria della proteina; è questo il livello strutturale fondamentale sul quale si basano i livelli superiori di organizzazione. Nella rappresentazione simbolica l’amminoacido con il gruppo N-terminale è all’estrema sinistra, quello con il C-terminale è a destra.

Esempio: struttura primaria dell’ormone a-melanotropina

Ser–Tyr–Ser–Met–Glu–Hys–Phe–Arg–Trp–Gly–Lys–Pro–Val

Sintesi. La sequenza ordinata (struttura primaria) è garantita, nella sintesi in vivo, dalle sequenze di DNA che costituiscono i geni: queste vengono trascritte in molecole di RNA messaggero che a loro volta sono tradotte in proteine. Per indicare il singolo amminoacido che deve essere utilizzato per iniziare, proseguire o terminare la sequenza ordinata che formerà la proteina, si sfruttano triplette ordinate di nucleotidi, dette codoni, presenti sulla molecola di RNA messaggero. Quasi tutti gli organismi usano gli stessi codoni per tradurre i propri genomi in proteine: questa corrispondenza tra triplette di RNA e ciascun residuo amminoacidico costituisce il cosiddetto codice genetico.

E’ possibile anche la sintesi in vitro delle proteine: nel 1955 Vincent du Vigneaud ricevette il Premio Nobel per la sintesi dell’ormone ossitocina (sequenza ordinata di 9 amminoacidi), nel 1963 fu annunciata la sintesi totale dell’insulina (51 amminoacidi), nel 1969 fu sintetizzato in sei settimane l’enzima ribonucleasi (124 amminoacidi).

PROTEINE: STRUTTURA SECONDARIA E PROTEINE FIBROSE

Struttura secondaria. Verso la metà del XX secolo, dopo lunghe ricerche su come la sequenza ordinata di amminoacidi si può disporre nello spazio a tre dimensioni, Pauling individuò come strutture preferenziali quelle ad a-elica e a foglietto b. Analisi a raggi X e calcoli teorici infatti non permettevano di ritenere che tali sequenze tridimensionali di amminoacidi fossero lineari e planari: a causa degli ingombri sterici delle catene laterali e della facilità di formazione di legame idrogeno tra l’idrogeno amminico e l’ossigeno carbonilico la struttura tridimensionale di una proteina deve mostrarsi con continui ripiegamenti. Tale struttura si definisce struttura secondaria delle proteine. In accordo agli studi di Pauling oggi si sa che le strutture secondarie più comuni sono l’ a-elica (che origina una sorta di spirale-tubo), , e il foglietto b, formato da due o più catene adiacenti ripiegate a zig zag.

Questa struttura secondaria delle proteine si ritrova maggiormente in proteine che svolgono funzioni strutturali come le:

Proteine fibrose. Le proteine fibrose sono caratterizzate da una forma filamentosa, allungata. Rivestono principalmente ruoli strutturali nelle cellule e nei tessuti animali: comprendono le più importanti proteine della pelle, e quelle di fibre animali come peli, lana e seta. Le proprietà meccaniche di queste proteine sono garantite a particolari sequenze di residui amminoacidici che favoriscono un particolare tipo di struttura secondaria piuttosto che un altro. Come esempi di proteine fibrose si possono ricordare le a-cheratine, ampiamente presenti in capelli e unghie, che hanno struttura ad a-elica, e le b-cheratine (piume di uccelli e scaglie di rettili) a foglietto b.

PROTEINE: PROTEINE GLOBULARI E STRUTTURA TERZIARIA

Proteine globulari. Le proteine fibrose sono solo una piccola frazione di tutte le specie proteiche di cui un organismo è dotato: la maggior parte del lavoro chimico di una cellula, le sintesi, il trasporto e il metabolismo, avviene infatti con l’aiuto di una vastissima gamma di proteine globulari, proteine le cui catene polipeptidiche sono ripiegate in strutture compatte, molto diverse dalle forme estese delle proteine fibrose.

Struttura terziaria. Le tecniche di diffrazione a raggi X hanno permesso di scoprire moltissimo circa i dettagli strutturali delle proteine globulari, fino a riconoscere il decorso della catena polipeptidica all’interno della molecola. Si è scoperto così che essa è spesso localmente avvolta in uno dei tipi di struttura secondaria, e che tali regioni sono a loro volta ripiegate l’una sull’altra, in modo da rendere la struttura globulare e compatta. I ripiegamenti definiscono la struttura terziaria della proteina. All’interno di un ripiegamento molte proteine globulari contengono il gruppo prostetico: esso consiste in piccole molecole che possono essere legate covalentemente o meno alla proteina, conferendole specifiche funzioni.

Alla base del ripiegamento terziario sono state individuate alcune regole:

  • tutte le proteine globulari hanno una parte interna ed una esterna ben definite: in particolare i residui amminoacidici idrofobici sono sempre impaccati all’interno, quelli idrofilici sono esposti invece alla superficie;
  • la catena polipeptidica può cambiare direzione in svariati modi nel passaggio da un segmento (foglietto b o a-elica) a quello successivo;
  • non tutte le porzioni delle proteine globulari possono essere classificate come a-elica, foglietto b o ripiegatura: numerose anse ed avvolgimenti contorti possono essere denominati come “regioni irregolarmente strutturate”.

PROTEINE: STRUTTURA QUATERNARIA E COMPLESSI PROTEICI

L’organizzazione funzionale delle proteine può raggiungere ancora un livello superiore: molte proteine esistono infatti nella cellula come aggregati specifici di due o più catene polipeptidiche ripiegate, o subunità. Tale aggregazione si identifica come la struttura quaternaria delle proteine.

L’organizzazione quaternaria può essere di due tipi: associazione tra catene polipeptidiche identiche o quasi (interazioni omotipiche) e associazione tra subunità di struttura molto diversa (interazioni eterotipiche). In entrambi i casi si ha la formazione di proteine mulitmeriche. Le interazioni tra le subunità sono forze non covalenti tra superfici proteiche complementari: ponti salini, legami idrogeno, forze di van der Waals, interazioni idrofobiche e talvolta ponti disolfuro.

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