Lavorazioni non convenzionali dei materiali di Gianluca Tararbra (akagitano@gmail.com), Fabrizio Valente (fabrizio.valente@fastwebnet.it), Vincenzo Aurea (vincenzo.aurea@gmail.com)

1.2 Definizione e generalità  del processo

L'elettroerosione è un processo capace di asportare materiale da qualsiasi metallo tenero o duro, con buona precisione dimensionale del pezzo finito. In tale processo di sagomatura una serie di scariche elettriche non stazionarie, separate tra loro nel tempo e nello spazio (scintille), si innescano tra elettrodo utensile ed elettrodo pezzo, che evidentemente deve essere conduttore, provocando l'erosione di quest ultimo. Per meglio comprendere il fenomeno, si pensi ad un temporale durante il quale migliaia di fulmini provocano una successione spaventosa di scariche, le quali, nella zona colpita, innalzano la temperatura a tal punto da fondere e far evaporare anche l'acciaio più resistente. Alla fine della scarica resta un profondo cratere.

Analogamente, durante il processo elettroerosivo, le scariche forniscono localmente il calore necessario alla fusione ed alla successiva evaporazione delle particelle di materiale; esse sono poi allontanate dalla zona di lavoro con azioni meccaniche e\o elettromeccaniche lasciando sul pezzo dei "crateri" più o meno profondi. Il tutto è, però, estremamente controllabile e le finiture superficiali ottenibili sono molto spinte. Un aspetto importante è che la durezza del metallo da lavorare, ha scarsa influenza sulla velocità di asportazione, a causa dell'assenza di contatto tra utensile e pezzo. Tale condizione permette di realizzare utensili anche in metallo tenero facilmente plasmabile, come ad esempio l'ottone, permettendo la realizzazione di geometrie particolari. Il processo permette, quindi:

  • Di lavorare leghe e metalli duri, difficilmente lavorabili con metodi convenzionali: acciai temprati, acciai rapidi, stelliti, acciai ad elevata tenacia
  • Di ottenere forme molto complesse con elevata precisione, a patto che l'utensile sia sformabile.

L'EDM può essere, fondamentalmente, di due tipologie:

  • ELETTROEROSIONE A TUFFO: il pezzo in lavorazione e l'elettrodo utensile sono immersi nel fluido dielettrico. Tra essi si innesca una serie di scariche elettriche stazionarie che provocano l'erosione del pezzo. Con l'elettroerosione a tuffo, la forma desiderata è ottenuta in negativo nel metallo, utilizzando un elettrodo tridimensionale. Mediante movimenti sovrapposti sugli assi principali x, y, c, z, si generano forme diverse, rientranze e cavità , impossibili da realizzare con altri sistemi di lavorazione. Vedi figura 1.2
  • ELETTROEROSIONE A FILO: l'elettrodo utensile è costituito da un filo, generalmente di rame purissimo, che scorre verticalmente e avanza nel pezzo da lavorare. Con l'elettroerosione a filo la forma desiderata è memorizzata "informaticamente" e inoltrata alla macchina sotto forma di codici comprensibili; la macchina provvede, poi, a tagliare autonomamente la stessa forma, guidando il filo lungo la traiettoria predefinita. Per forme complicate, incavi o superfici oblique, coniche o comunque insolite, la guida superiore e inferiore del filo esegue diversi movimenti in funzione della forma. Tale processo elettroerosivo è utilizzato per produrre dei profili precisi e complessi; il fluido dielettrico è diverso dal precedente. Nel caso di elettroerosione a tuffo, infatti, si utilizzano oli minerali di vario tipo e viscosità , in questo caso, invece, si fa uso di acqua deionizzata. Sottolineiamo che l'elettroerosione a filo si è evoluta dopo quella a tuffo, a partire dal 1960 circa: la prima macchina a filo della AGIE risale al 1969 e negli ultimi anni, il mercato ha molto premiato tale tecnologia, di cui si riporta uno schema illustrativo. Vedi figura 1.3

Come accennato all'inizio del paragrafo, quindi, in tali processi l'asportazione del sovrametallo è dovuta ad una combinazione di effetti elettrici e termici; il principio alla base del processo è che un materiale elettricamente conduttivo può essere eroso da una serie di scariche elettriche, ognuna delle quali è suddivisa in stadi della durata di alcuni millisecondi.

Nella figura 1.4 è riportato uno schema essenziale di un sistema EDM. Si osserva che quando il circuito elettrico è chiuso il condensatore (C) è caricato da una tensione V, per mezzo del generatore (e). Il condensatore è collegato in parallelo all'elettrodo-utensile (U) ed al pezzo (P). Inizialmente non avviene nessun passaggio di corrente, poichè, il fluido dielettrico è isolante; con il ridursi della distanza, sotto ad un certo valore critico, tra elettrodo utensile ed elettrodo pezzo (gap nel linguaggio del settore), si raggiunge una tensione detta di cedimento, che innesca la scarica elettrica. L'elevata energia specifica di tale scarica provoca un rapido innalzamento della temperatura del pezzo in lavorazione, determinando, dapprima la fusione locale di una piccolissima parte della superficie e poi, la sua evaporazione. Una parte del calore sviluppato è assorbita sia dal fluido che dall'elettrodo utensile; quest ultimo è generalmente l'elettrodo negativo mentre il pezzo coincide con l'elettrodo positivo. Vedi figura 1.4

L'energia accumulatasi nel condensatore, pari a:

E = 1/2CV2

dove C è la capacità del condensatore e V è la tensione che lo alimenta, è scaricata nel gap, dove si manifestano densità di corrente elevatissime, fino al migliaio di A/mm2.

Perchè possa avvenire la scarica è, quindi, necessario che si determini prima la ionizzazione del dielettrico con formazione di un canale ionizzato fra utensile e pezzo. All'interno di tale canale si sviluppa e si esaurisce, in modo rapidissimo la scarica elettrica, facendo scendere la tensione da valori prossimi al kV ad un valore di 20-25 V.

I meccanismi di erosione sono determinati dalla trasformazione dell'energia cinetica della particella carica, che colpisce la superficie del pezzo, in calore. Essi sono essenzialmente tre:

  1. Vaporizzazione di piccolissime quantità di materiale che si condensano nel liquido sotto forma di polvere fine.
  2. Distacco di piccole particelle di materia a causa delle rapide dilatazioni e contrazioni del metallo, dovute al cimento termico.
  3. Fusione del metallo in superficie.

Nelle normali condizioni operative, la scarica ha luogo contemporaneamente in diversi punti della superficie del pezzo, per cui, si possono lavorare omogeneamente superfici estese. Il metallo asportato resta in sospensione nel fluido dielettrico.

La velocità d'asportazione del metallo non è elevata, se paragonata alle convenzionali lavorazioni per asportazione di truciolo, essa puಠvariare tra 1,5 e 4200 mm3/min.

Le migliori finiture superficiali si ottengono, evidentemente, con basse velocità d'asportazione del materiale.

Come vedremo più in dettaglio nei prossimi paragrafi, all'aumentare della frequenza delle scariche migliora la finitura superficiale perchè si riduce l'energia specifica d'ogni singola carica.

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Edurete.org Roberto Trinchero