Le malattie genetiche di Sara Gianola

I metodi per prevenire e diagnosticare le malattie ereditarie

La medicina mette a disposizione numerosi metodi diagnostici che possono essere impiegati prima del concepimento, durante la gravidanza e dopo la nascita.

L’identificazione dei portatori. Molti bambini colpiti da una malattia recessiva nascono da genitori perfettamente sani: per le patologie più gravi o nell’eventualità di casi già riscontrati in famiglia, può essere utile valutare se i futuri genitori siano portatori di un allele recessivo. Oggi sono disponibili test diagnostici per identificare i portatori della fibrosi cistica, del morbo di Tay-Sachs e dell’anemia falciforme. In questo modo la coppia può valutare il rischio genetico a cui saranno sottoposti eventuali figli.

La diagnosi prenatale. I test diagnostici per a ricerca di alterazioni genetiche prima della nascita richiedono i genere il prelievo di alcune cellule fetali. L’amniocentesi è un prelievo che si effettua tra la quindicesima e la diciottesima settimana di gravidanza. Una piccola quantità di fluido viene prelevato dalla cavità circostante il feto in via di sviluppo, inserendo un ago nell'addome. Questa cavità, chiamata sacco amniotico, è racchiusa da una membrana. Per alleviare la sofferenza della donna durante il prelievo, viene praticata una anestesia locale. L'ago viene guidato nella giusta posizione seguendolo con una scansione ad ultrasuoni (ecografia) ed il liquido amniotico viene prelevato. Poiché questo liquido contiene cellule nucleate perse dal feto, è possibile determinarne il cariotipo. Di solito, le cellule fetali sono isolate dal fluido amniotico mediante centrifugazione e successivamente sono coltivate, per un periodo di tempo che va da alcuni giorni fino a poche settimane. L'analisi cariotipica di queste cellule può rivelare se il feto è aneuploide. Sul fluido ricavato dal sacco amniotico possono essere effettuati esami aggiuntivi per rivelare altre anormalità, come i difetti del tubo neurale ed altri tipi di mutazioni. Per ottenere i risultati di questi esami si possono impiegare anche tre settimane.

La biopsia coriale fornisce un altro mezzo per rilevare anormalità cromosomiche nel feto. Il corion è una membrana fetale che confina con la parete uterina e che forma la placenta. Le piccole estrusioni coriali nel tessuto uterino sono dette villi. A 10-11 settimane di gestazione, prima che la placenta si sia sviluppata, si può ottenere un campione di villi coriali passando un tubo di plastica cavo nell'utero attraverso la cervice. Questo tubo può essere guidato con monitoraggio ecografico e, quando è in loco, attraverso esso può essere aspirato un piccolissimo frammento di tessuto. La materia estratta di solito, consiste in un miscuglio di tessuto materno e fetale. Dopo aver separato questi tessuti per dissezione, si possono analizzare le cellule fetali per le anomalie cromosomiche. La biopsia coriale può essere effettuata prima dell'amniocentesi (10-11 settimane contro le 14-16 settimane), ma non è altrettanto attendibile. In aggiunta, essa sembra essere associata ad una probabilità lievemente più alta di aborto rispetto all'amniocentesi, forse dal 2% al 3%. Per queste ragioni, si tende ad usarla solo nelle gravidanze dove c'è una forte ragione di sospettare un'anomalia genetica.

Anche le analisi del sangue eseguite tra la quindicesima e la ventesima settimana di gravidanza possono aiutare a identificare eventuali malattie genetiche fetali; per esempio un’elevata concentrazione nel sangue materno di una proteina fetale, l’alfa-fetoproteina (AFP) può essere dovuta alla sindrome di Down oppure a malformazioni del tubo neurale (il tubo neurale è la struttura embrionale da cui si originano l’encefalo e il midollo spinale).

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Edurete.org Roberto Trinchero