Le acque: trattamenti per uso civile ed industriale di Antonella Dapiaggi

Trattamenti chimici

Trattamenti chimici. (F1)(F2)(E)(ES) (I).

 

 L’ uso dei prodotti chimici per il trattamento delle acque è stato in un primo tempo usato per le acque grezze, in particolare per abbattere la durezza dell’ acqua, successivamente in seguito al grande sviluppo industriale, bisognava utilizzare prodotti chimici per modificare le caratteristiche delle acque di scarico che non potevano essere scaricate nei fiumi.

 

Neutralizzazione

Sia per le acque di primo impiego, sia per il riciclo o lo scarico delle acque reflue, si richiede un valore di pH (I1) (I2) circa uguale a 7; per le acque industriali, ad evitare corrosioni, si preferisce avere una debole alcalinità ( per esempio per l’ acqua di raffreddamento si tiene un pH tra 7,3 e 8,3).

Nei trattamenti di potabilizzazione, per neutralizzare l’ acidità si usa generalmente latte di calce  che ha anche la funzione di coadiuvare i trattamenti di coagulazione e di trasformare in composti insolubili i bicarbonati di calcio e magnesio.

Nei trattamenti di deacidificazione degli effluenti si usa,oltre al latte di calce, idrato di calce in polvere ed a volte si fa passare il liquido su pezzi di calcare; in questo caso occorre che, se presente acido solforico, la concentrazione non sia troppo elevata, altrimenti sulla superficie dei pezzi si deposita del solfato di calcio, che impedisce la reazione.

La neutralizzazione dell’ alcalinità viene attuata con l’ impiego di acido solforico o di acido cloridrico.

 

Ossidazione (F)

L’ossidazione ha lo scopo di eliminare sostanze (i solfuri che possono essere ossidati a solfati, i cianuri che possono essere ossidati ad azoto e biossido di carbonio ed eliminati come gas), presenti nell’ acqua grezza o nelle acque reflue, trasformandole in altre che non sono dannose o allontanandole.

Come prodotti ossidanti si usano Cl2, KMnO4, O3, ClO2, Ca(ClO)2, NaOCl: il cloro ed i cloroderivati sono preferibili come ossidanti, sia per ragioni economiche, sia per la facilità di impiego.

Il trattamento di ossidazione, sia con cloro o cloroderivati, (E) è utilizzato alla depurazione delle acque contenenti sostanze sia inorganiche che organiche; il procedimento va sotto il nome di clorazione.(F)(ES)(I)

La clorazione svolge sia un’ azione ossidante , sia un’ azione bioacida, azione rivolta alla distruzione di alghe e batteri.

Il cloro gassoso, che si trova in commercio a 5-10 atm, viene fatto gorgogliare nell’ acqua da trattare, dosandolo in modo che si abbia un leggero eccesso rispetto allo stechiometrico.

Con l’acqua il cloro reagisce secondo la reazione:

Cl2 + H2 HCl  +HClO                                                                  (1)

 

Si ha una reazione di equilibrio, che decorre verso destra a pH> 5; inoltre l’HClO formatosi si decompone secondo la reazione:

 

HClO  HCl + O.          (2)

 

questo si verifica con valori di pH intorno a 6, si ottiene ossigeno atomico molto attivo, mentre con valori tra 6 e 9 si ha la formazione di ioni ClO-

 

HClO H+ + ClO-         (3)

 

L’azione disinfettante del cloro viene interpretata in vari modi: (E)

a)      azione ossidativa verso la cellula batterica da parte dell’ ossigeno della reazione ( 2 );

b)      azione degli ioni ClOsulle proteine che costituiscono la membrana, il protoplasma ed il nucleo della cellula con distruzione di quest’ ultima e la morte dei microrganismi;

c)      penetrazione degli ioni ClO-  , attraverso la membrana cellulare senza alterazioni della membrana e del nucleo, con profonde alterazioni dei processi di nutrizione e riproduzione dei batteri.

La quantità indicativa di cloro che viene usata nei processi di clorazione, è riportata in Tabella n.1

 

Processi di clorazione: quantità indicativa di cloro impiegata

 

 

Processo

 

                          Cloro impiegato

Ossidazione sostanze organiche

11,7 ppm per 1 ppm di C presente

Ossidazione H2S a S

2,1   ppm per 1 ppm di H2S

Ossidazione H2S a SO2

0,3   ppm per 1 ppm di H2S

Ossidazione CN- a N2 + CO2

6,9   ppm per 1 ppm di CN-

Potabilizzazione

1,6   ppm per 1 ppm di sostanze ossidabili

 

Il cloro in presenza di sostanze organiche porta alla formazione di cloroderivati, per esempio clorofenoli se sono presenti fenoli, che possono impartire all’acqua un sapore disgustoso.

Terminata la clorazione, per eliminare il cloro residuo che darebbe all’acqua un gusto molto sgradevole, si compie la declorazione per trattamento con sostanze riducenti, come carbone attivo, iposolfito di sodio e anidride solforosa.

Facendo passare l’acqua attraverso un letto di carbone attivo, avviene la riduzione del cloro:

 

C + 2Cl2 + 2H2 CO2 + 4 HCl

L’iposolfito agisce secondo le seguenti reazioni:

 

Na2S2O3 + 5H2O + 4Cl2  Na2SO4 + H2SO4 + 8HCl

 

Na2S2O3 + H2O + Cl2  Na2SO4 + 2HCl + S

 

Per quantità di cloro inferiore a 10 kg al giorno, invece del cloro gassoso si possono impiegare:

* ipoclorito di calcio Ca(ClO)2 ;

* ipoclorito di sodio NaClO viene utilizzato solo per piccoli impianti;

* biossido di cloro ClO2 viene impiegato negli impianti di potabilizzazione ed è preparato sul posto, attraverso la reazione del clorito di sodio con cloro:

2 NaClO2 + Cl2  2ClO2 + 2 NaCl              

 

Sebbene il processo sia difficile da controllare, il ClO2 viene usato per la forte azione disinfettante e perché non provoca reazioni che portano a composti di cattivo sapore ed odore.

Un altro ossidante che serve per la disinfezione e per allontanare molte sostanze che impartiscono colorazione ed odore, è l’ozono (I) , che è particolarmente efficace nell’ ossidazione dei fenoli e dei cianuri.

La preparazione dell’ ozono, per scarica elettrica in un flusso di aria, avviene secondo la seguente reazione:

3 O2  2 O3       deltaH = + 68000 cal ( 285000 j)

L’aria così trattata ha una forte azione ossidante perché l’ ozono, in presenza di sostanze riducenti Red, fornisce ossigeno atomico molto attivo che le ossida

O3 + Red  O2 + Red ·O

il processo è usato per piccoli impianti di trattamento di effluenti industriali e per la disinfezione delle acque di impianti sanitari, piscine e simili.

Per la potabilizzazione di acqua, in impianti occasionali e mobili ( per esempio cantieri e reparti militari) si usa KMnO4 e derivati clorurati dell’ ammoniaca, cioè le cloroammine e le cloroammidi che si ottengono attraverso le seguenti reazioni: 

 

Cl2 + 2NH3 NH4Cl + NH2Cl

                                                          monocloroammina

2Cl2 + 3NH3  2NH4Cl + NHCl2

                                                          dicloroammina                                 

 

Questi composti vengono disciolti in acqua al momento dell’ uso e si decompongono dando HClO secondo la reazione:

NH2Cl + H2O HClO + NH3

 

Coagulazione.

Nell’ acqua grezza e nelle acque reflue, provenienti sia dagli scarichi urbani che industriali, possono trovarsi sostanze diverse come:

* sospensioni di sabbie, argille, composti chimici, ecc;

* emulsioni di oli, grassi, idrocarburi ecc;

* sostanze organiche ed inorganiche in soluzione colloidale;

* sostanze varie in soluzione.

La separazione per sedimentazione è possibile per le sostanze in sospensione grossolana  che richiedono tempi abbastanza brevi ( massimo 3-4 ore), non si può attuare per le sostanze in sospensione finissima, come per certi tipi di argilla e per certi precipitati chimici ed in generale per tutte le particelle che hanno diametro inferiore a 10 micron.

La separazione delle sostanze colloidali è impossibile, a meno che non si provochi una coagulazione (detta anche impropriamente flocculazione).

Si chiama flocculazione il fenomeno che consiste nell’aumento delle dimensioni delle particelle disperse colloidalmente nella fase acquosa, per effetto dell’addensamento delle singole particelle a formare fiocchi di maggiori dimensioni.

La coagulazione si ottiene aggiungendo all’acqua sostanze chimiche che provocano un’alterazione delle forze che tendono a tener disperse le particelle: con l’aggiunta di alcuni composti chimici si provocano i fenomeni della coagulazione, della flocculazione e della sedimentazione.

I colloidi (I) rispetto all’ acqua presentano una natura idrofila o idrofoba e perciò la stabilità della dispersione in acqua dipenderà da fattori differenti.

La stabilità di un colloide idrofilo dipende dall’ idratazione superficiale delle particelle, che crea una barriera che si oppone al contatto di una particella con l’ altra.

La stabilità di un colloide idrofobo dipende dalla carica elettrica superficiale posseduta da ogni particella e che è dovuta sia alla presenza di gruppi ionici disposti alla sua superficie, sia all’adsorbimento di ioni dal mezzo nel quale si trova disperso.

I coagulanti: (F) (E)

Aggiungendo un elettrolita ad una sospensione colloidale, si rompe la sua stabilità ed agitando, aumenta la possibilità di incontro delle particelle, che a contatto avvenuto tenderanno ad aggregarsi sempre di più, aumentando le dimensioni dell’ aggregato in funzione delle forze di coesione.

L’ insieme del fenomeno di precipitazione delle sostanze colloidali idrofobe in una sospensione acquosa, si distingue nelle varie fasi:

* coagulazione dovuta alla variazione delle forze elettrostatiche ottenuta per aggiunta di un elettrolita;

* flocculazione dovuta a forze di Van der Waals;

* sedimentazione dovuta alla forza di gravità.

Per favorire la precipitazione di sostanze in sospensione di tipo colloidale si possono effettuare i seguenti accorgimenti:

* correzione del pH mediante aggiunta di alcali;

* aggiunta di un coagulante per esempio Al2(SO4)3 con agitazione veloce;

* aggiunta di ausiliari di coagulazione per esempio SiO2 per favorire l’ accrescimento del fiocco ed agitazione lenta.

Molti possono essere i coagulanti sia di natura inorganica che organica, con ioni di carica opposta a quelle delle particelle.

Il potere coagulante aumenta con l’ aumentare del rapporto carica / raggio dello ione: il KCl ha un potere coagulante molto inferiore rispetto al  Al2(SO4)3 , quindi il cloruro di potasio non viene usato come coagulante.

A volte gli agenti coagulanti reagiscono con sostanze in soluzione, facendole precipitare insieme alle sostanze colloidali.

I sali di ferro e di alluminio sono stati i primi prodotti impiegati come agenti coagulanti; usati sia per le acque grezze destinate ad uso industriale e potabile, sia nel trattamento di acque reflue industriali ed urbane.

I coagulanti più diffusi sono i policloruri di alluminio, il solfato di alluminio, il cloruro ferrico, il solfato ferroso, l’ alluminato di sodio e l’ idrossido di calcio. Un’ aggiunta di questi elettroliti a una soluzione contenente particelle di natura colloidale determina diversi effetti, che permettono di effettuare la chiarificazione.

I sali indicati, per elementari reazioni chimiche, si trasformano nei relativi idrossidi, a basso prodotto di solubilità.

                                               FeCl3 + H2 Fe(OH)3 + 3HCl

Mantenendo il pH del sistema ad un valore che non permetta la ridissoluzione degli idrossidi, questi formano un letto filtrante che scendendo trascina con sé altre particelle.

Bisogna tener presente che a questi effetti vanno aggiunti gli effetti di adsorbimento di certi ioni e composti sulla superficie dei fiocchi gelatinosi ed anche effetti chimici di precipitazione per formazione di sali insolubili, quali i fosfati di ferro.

 

Gli ausiliari di coagulazione. (I1) (I2).

 Si possono inserire molti gruppi nella catena polimerica, ottenendo dei polielettroliti con notevole potere coagulante, le quantità usate sono molto esigue 1 ppm, perciò vengono considerati ausiliari di coagulazione piuttosto che agenti coagulanti.

La chiariflocculazione è facilitata da piccole aggiunte di ausiliari di coagulazione, di poco successiva a quella del coagulante. Gli ausiliari possono essere sia inorganici (silice attivata, bentonite) sia, più frequentemente, poilelettroliti organici di tipo cationico, o anionico.

Si tratta di polimeri organici sintetici, solubili in acqua o ben disperdibili, caratterizzati dalla presenza di gruppi carichi o almeno polari lungo tutta la catena.

I polielettroliti sono divisi in due gruppi:

a)      quelli che possiedono un carattere fortemente ionico e che con la loro carica neutralizzano la carica della particella, riducendo le forze di repulsione che impediscono alle particelle di aggregarsi;

b)      quelli che per la lunghezza delle catene polimeriche possono dar luogo a fenomeni di adsorbimento con le particelle.

I polielettroliti anionici sono polimeri derivati dall’ acido acrilico per esempio le poliacriloammidi

 

Polielettroliti cationici sono, per esempio i sali quaternari di polivinilpiridinio.

 

La presenza di opportune cariche o di gruppi polari uniformemente distribuiti lungo la catena facilita l’ aggregazione alla catena di microfiocchi già formati, formando dei fiocchi di maggiore dimensione.

 

Scambio ionico

A volte è necessario avere nell’ acqua un contenuto di ioni praticamente nullo, per esempio nell’ acqua di alimentazione delle caldaie ad alta pressione, si può ricorrere al trattamento con scambiatori di ioni. Con questo termine si intendono le sostanze naturali e sintetiche, che hanno proprietà di scambiare i propri ioni con quelli contenuti nell’ acqua.

L’ addolcimento di un’ acqua mediante lo scambio di ioni Ca2+ e Mg2+ con ioni Na+ mediante l’ uso di materiali naturali, come le zeoliti, costituiti da allumino-silicati che contenevano ioni Na+ che potevano essere scambiati con ioni Ca2+ e Mg2+ .

I vantaggi ottenuti hanno indotto molti studiosi a ricercare dei materiali sintetici con prestazioni migliori delle zeoliti naturali.

Le zeoliti sintetiche pur avendo una buona capacità di scambio, perdevano abbastanza velocemente le loro proprietà; inoltre sia quelli naturali che quelle sintetiche possono scambiare solo cationi, mentre spesso bisogna allontanare anche gli anioni. Per questi motivi vennero abbandonate e si utilizzarono le resine.

Nel 1935 Adams ed Holmes in Gran Bretagna, sintetizzarono le prime resine a scambio ionico, attraverso la policondensazione della formaldeide con i difenoli; successivamente gli stessi ricercatori ottennero resine con carattere molto più acido inserendo gruppi solfonici. Sono dei polimeri organici insolubili, normalmente sotto forma di minuscole sfere, nella cui catena sono inseriti gruppi funzionali con caratteristiche di acido o di base.

Si ottennero  resine cationiche, capaci di scambiare ioni con carica positiva; resine anioniche, capaci di scambiare ioni con carica negativa.

Il fenomeno è regolato dalla legge dell’azione di massa ed è reversibile.

- Una tipica resina scambiatrice cationica forte è un polistirene con un certo numero di gruppi solfonici –SO3H , possiede un reticolo con cariche negative e ioni mobili - controioni – con carica positiva capaci di scambiarsi con altri ioni della stessa polarità.

 

Una resina solfonica sarà così rappresentata:

 

[ R-SO3]- H+

 

 Se sulla resina si fa passare acqua dura, cioè contenente ioni calcio, la resina li cattura scambiandoli con la quantità stechiometrica di idrogenioni. Quando la capacità di scambio della resina è esaurita, trattandola con una soluzione di acido forte ( per esempio HCl al 10% ) lo scambio avviene in senso inverso e si verifica la rigenerazione.

Le resine scambiatrici cationiche forti possono operare sia in ciclo idrogeno, sia in ciclo sodico.

Il ciclo idrogeno è quello precedentemente descritto; nel ciclo sodico la resina lavora sotto forma di solfonato sodico, scambiando ioni sodio con ioni calcio e la rigenerazione viene attuata con una soluzione concentrata di cloruro di sodio.

 

2RNa + Ca 2+ * R2Ca + 2Na+

 

Come tutte le reazioni reversibili si raggiungerà un equilibrio che può essere rappresentato da:

         

K  =  [ R2Ca ][Na+]2/[RNa]2 [Ca 2+ ]

 

Dove con [R2Ca] e [RNa] si rappresentano le concentrazioni superficiali degli ioni nella resina, cioè le concentrazioni in fase solida degli ioni, dei quali è difficile conoscere esattamente l’attività.

L’espressione non indica una vera costante di equilibrio, ma un coefficiente di selettività, cioè la capacità della resina di scambiare gli ioni Na+ con gli ioni Ca2+.

Per k > 1 la reazione procede verso destra.

-Le resine cationiche deboli sono costituite da acido polimetacrilico nel quale il gruppo funzionale acido è un carbossile; non sono in grado di scambiare cationi di acidi deboli, ma rispetto ai cationi di acidi forti hanno maggiore capacità di scambio e vengono rigenerate da soluzioni di acido cloridrico più diluite ( 5-6% ).

 

ResCOOH + Na+  ResCOONa + H+   

             

- Le resine anioniche funzionano solo in ciclo ossidrile; quelle forti operano attraverso ammoni quaternari supportati su polistirene, che scambiano anioni di acidi forti( per esempio ioni cloruro) e deboli (per esempio ioni cianuro) cedendo ioni ossidrili e vengono rigenerate con soluzioni di soda caustica al 4-5% .

- Le resine anioniche deboli sono costituite da polistirene che presenta gruppi amminici, scambiano solo anioni di acidi forti e vengono rigenerate con soluzioni concentrate di carbonato sodico.

Le resine cationiche in forma acida e le resine anioniche in  forma basica si comportano come acidi e basi; si hanno acidi e basi forti e deboli, analogamente si hanno resine cationiche ed anioniche forti e deboli in funzione delle caratteristiche dei gruppi attivi presenti.

 

 

 

 

 

Caratteristiche

 

Resine cationiche

Fortemente acide

Resine cationiche

Debolmente acide

Resine anioniche

Fortemente acide

Resine anioniche

Debolmente acide

Gruppi attivi

-SO3H

-COOH

Ammonici quaternari

amminici

Densità apparente g/l

800 - 900

700 - 800

570 - 700

600 - 680

Capacità di scambio meq/cm3 resina rigonfiata

2 – 2,5

3,5 – 3,8

1 – 1,5

1,5 -2

Max temperatura di esercizio °C

120

100

40

100

Rigenerante

H2SO4; HCl;NaCl

HCl

NaOH

NaOH; Na2CO3

 

Processi di trattamento con resine (I)

 

Il trattamento con resine avviene facendo passare l’ acqua in una colonna contenente un letto di resina : il letto è generalmente fisso , cioè le sferette sono tenute ferme e l’ acqua passa attraverso lo strato di resina, talvolta si usa un letto fluttuante, cioè le sferette sono in sospensione nella colonna, non escono per la presenza di appositi setti con fori di dimensioni inferiori al diametro delle sferette stesse e l’ acqua entrando in colonna fluidifica il letto della resina.

La resina dopo aver scambiato un dato quantitativo di ioni viene rigenerata, le operazioni di rigenerazione avvengono con questa sequenza:

* lavaggio in controcorrente con acqua, per allontanare le eventuali sostanze estranee- detriti, pagliuzze, sabbia ecc,- che possono essere state trattenute dal letto e per ridistribuire il letto, che con il passaggio dell’ acqua da trattare subisce delle stratificazioni;

* immissione della soluzione rigenerante alla temperatura e con la concentrazione e portata, prescritte per il tipo di resina;

* lavaggio in equicorrente con acqua deionizzata per eliminare il rigenerante in eccesso; a volte si impiega acqua grezza ma si ha una perdita della capacità di scambio.   

I principali campi di applicazione delle resine a scambio ionico sono i successivi:

* addolcimento delle acque;

* decationizzazione

* demineralizzazione.

 

Addolcimento delle acque.

Prima della diffusione dei processi di scambio ionico la rimozione della durezza delle acque veniva effettuata mediante reazioni chimiche, che comportavano la precipitazione dei sali di calcio e di magnesio sotto forma di composti a basso prodotto di solubilità e la separazione del precipitato in appositi decantatori-sedimentatori.

Un tipico trattamento chimico è il processo a calce-soda nel quale la calce elimina la durezza temporanea e la soda elimina la durezza permanente:    

 

           

                                   Ca(HCO3)2 + Ca(OH)2  2CaCO3 + 2 H2O

                                   

 

                                   CaSO4 + Na2CO  CaCO3 + Na2SO4   

 

 

Ora la semplice eliminazione della durezza viene effettuata con addolcitori costituiti da resine cationiche operanti in ciclo sodico. Nella fase attiva di addolcimento viene eliminata sia la durezza da carbonati ( durezza temporanea ) sia la durezza permanente dovuta agli altri sali di calcio e magnesio presenti, principalmente cloruri e solfati. La resina sostituisce agli ioni calcio e magnesio ioni sodio; nella fase di rigenerazione con salamoia si ottiene un eluito contenente oltre al cloruro sodico in eccesso, i cloruri di magnesio e di calcio in quantità equivalente a quella sottratta all’ acqua dura, ma contenuti in volumi molto minori e conseguentemente a concentrazione molto più elevata.

Le reazioni, riferendosi ai soli sali di calcio, sono:

 

2RNa + Ca(HCO3)2  R2Ca + 2NaHCO3

2RNa + CaSO4  R2Ca + Na2SO4

2RNa +  CaCl2 R2Ca + 2NaCl

Si ha l’ allontanamento degli ioni Ca2+ e Mg2+ ed in soluzione si hanno ioni Na+.

Si ottengono durezze molto basse, ma si ha lo svantaggio, specie dovendo abbattere durezze molto alte, di un’ elevata quantità di NaHCO3 , che a caldo si decompone e conferisce all’ acqua una elevata alcalinità secondo la reazione:

 

NaHCO3 NaOH +   CO2

Nell’impiego industriale sovente si fa uso di apparecchiature con due colonne in parallelo, una delle quali è in fase di lavoro mentre l’altra è in fase di rigenerazione.

L’acqua addolcita in ciclo sodico ha la stessa salinità di quella originale, avendo soltanto scambiato con ioni sodio gli ioni calcio e magnesio. La sua alcalinità titolabile (cioè la sua concentrazione in idrogenocarbonati) non è cambiata. Per rimuovere, oltre alla durezza, anche l’ alcalinità, si può far uso di due colonne, che operano in parallelo e tra le quali l’ acqua da trattare viene ripartita in opportuno rapporto. Una colonna opera a ciclo sodico; l’ altra opera a ciclo idrogeno secondo uno schema di reazione che viene così rappresentato:

2RH +   Ca(HCO3)2 R2Ca + 2 CO2+ 2H2O

 

2RH + CaSO4  R2Ca + H2SO4

 

2RH + CaCl2  R2Ca + 2HCl       

 

Mescolando nella giusta proporzione gli effluenti in uscita dalle due colonne, l’acidità libera proveniente dalla colonna a ciclo idrogeno neutralizza gli idrogenocarbonati in uscita dalla colonna a ciclo sodico:

 

HCO3- + H+  H2O + CO2    

 

L’anidride carbonica potrà essere eliminata, mediante un degasatore, cioè facendola passare attraverso una colonna riempita con anelli Rasching, dove viene insufflata aria in controcorrente; la corrente d’ aria trascina con sé l’anidride carbonica.

Poiché il ciclo con la resina cationica nelle due forme presenta alcuni inconvenienti, principalmente legati alla corrosività che si ha nella parte dell’ impianto del ciclo acido, si ricorre al trattamento con due resine cationiche in forma acida, di cui una debole, che scambierà solo il calcio ed il magnesio dei bicarbonato, l’ altra forte in una colonna successiva in materiale resistente alla corrosione, che scambierà il Ca ed il Mg dei solfati e dei cloruri. La CO2  viene allontanata per degasaggio e l’ acidità viene neutralizzata da uno scambiatore finale a resina anionica.

In questo caso si ha il vantaggio di avere un’ acqua a bassissima durezza ed alcalinità quasi assente.

 

 

Decationizzazione

A volte è necessario l’allontanamento di tutti i cationi: si usano resine cationiche in forma idrogeno. Tale tecnica può essere il primo stadio della demineralizzazione totale di un’acqua, o uno specifico trattamento per rimuovere Cd2+, Zn2+, Cu2+ Ni2+ da acque reflue industriali.

La rigenerazione avviene con acidi HCl, HNO3, H2SO4 e si possono ottenere soluzioni concentrate dove è possibile ricuperare metalli precipitandoli come idrossidi; si opera con una o più colonne in serie.

 

La demineralizzazione.

Viene definito il trattamento di completa eliminazione dei sali in soluzione, un tempo possibile solo mediante  la distillazione.

Si usano in serie due tipi di resine, una cationica in ciclo idrogeno e una  anionica in ciclo ossidrile, eventualmente seguite da un degasatore.

Per esempio:

 

2RH + 2 NaCl  2RNa + 2 HCl

 

2ROH + 2HCl  2RCl + 2 H2O

 

In questo modo gli ioni sodio sono stati completamente sostituiti da idrogenioni e gli ioni cloruro da ossidrilioni, con formazione di acqua.

La resina cationica si rigenera con un acido forte e quella anionica con una base forte NaOH, NH3  e Na2CO3.

 

La rimozione di inquinanti.

Resine scambiatrici opportunamente “costruite” sono in grado di trattenere inquinanti molto pericolosi, quali cianuri e gli ioni dei metalli pesanti; trovano impiego nel trattamento delle acque provenienti dalle industrie che ne fanno uso, come quelle galvaniche.

Il trattamento delle acque di rigenerazione, vengono affrontate con metodi tradizionali, ossidazione dei cianuri, precipitazione degli idrossidi metallici, rimozione di alcuni contaminanti dalle acque potabili, come i nitrati.

 

 

Complessazione

In certi casi non è necessario rimuovere i contaminanti: è sufficiente modificare la forma nella quale sono presenti. Per certe operazioni tecnologiche sono dannosi gli ioni calcio o gli ioni ferro liberi, ma non quelli complessati: si fa uso dei cosiddetti sequestranti.

Per esempio i polifosfati, sottraggono ioni calcio dalla soluzione:

 

(P3O10)5-  + Ca2+ (CaP3O10)3-

 

I polifosfati trovano impiego nell’industria della detergenza ed in quella tintoria, anche se per molti usi la legge italiana ne limita fortemente l’ impiego. Altri complessati utilizzati industrialmente sono i citrati, i derivati dell’ acido nitrilotriacetico e quelli dell’ acido etilendiamminotetraacetico.

 

 

Depurazione per adsorbimento.

                                                                

Per l’ allontanamento di alcune sostanze contenute nelle acque si ricorre all’ adsorbimento: l’ acqua da trattare viene messa in contatto con sostanze granulari fortemente porose, talvolta contenenti anche gruppi attivi ad azione selettiva, che adsorbono le sostanze contenute nell’ acqua stessa.

Come materiali adsorbenti si usano: carboni, silicoalluminati, silice, polimeri ed altri prodotti che abbiano una grande superficie specifica.

L’ acqua da trattare viene passata su letti di materiale adsorbente oppure mescolata con questo e poi filtrata; si usano colonne riempite con materiale granulare, si fa passare l’ acqua su filtri contenenti uno strato di sabbia o altri materiali per esempio antracite, pomice, materie plastiche ed altri.

I carboni adsorbenti sono prodotti che derivano dalla carbonizzazione di materiali vegetali, sono caratterizzati da una grande superficie specifica che dà luogo a fenomeni di adsorbimento. Il loro potere adsorbente viene aumentato con il processo di attivazione, che consiste in un trattamento termico ad alta temperatura in atmosfera inerte, o sottovuoto, o in presenza di particolari sostanze come il vapor d’ acqua o l’ acido cloridrico.

Nel contatto tra materiale adsorbente e sostanze presenti nell’ acqua spesso si verifica oltre al semplice adsorbimento fisico un chemiadsorbimento.

Nel primo si instaura un legame tra adsorbente ed adsorbato, sono in gioco le forze di Van der Waals ; nel secondo intervengono forze con energie dello stesso ordine di quelle di legame e l’ adsorbimento può anche risultare irreversibile.

Nel trattamento delle acque si cerca di avere un adsorbimento fisico, sia perché il materiale adsorbente viene utilizzato più volte, sia perché interessa il recupero delle sostanze adsorbite.

Le variabili che influenzano l’ adsorbimento sono numerose:

* natura dell’ adsorbato;

* dimensioni delle particelle;

* porosità e forma dei canalicoli dell’ adsorbente;

* temperatura;

Un adsorbente richiede lunghi tempi per raggiungere l’ equilibrio tra quantità adsorbita e concentrazione dell’ adsorbato nel liquido; per questo motivo in pratica si lavora molto lontani dall’ equilibrio e si sfrutta solo una parte della capacità adsorbente.

Per desorbire i composti trattenuti e rigenerare l’ adsorbente, si usano tecniche diverse: nella rigenerazione si ha generalmente un decadimento della capacità di adsorbimento, sia perché non tutte le sostanze adsorbite vengono restituite, sia perché vi sono reazioni di ossidazione, clorurazione ecc, e perché si altera la porosità e la struttura dei granuli, anche per rottura degli stessi; i carboni adsorbenti vengono di solito rigenerati prima mediante un lavaggio e poi per trattamento termico , si usano forni tipo Herreshoff e si opera a 800-900°C; i trattamenti di rigenerazione comportano perdite di circa il 10% di carbone ed una caduta nella capacità di adsorbimento.

Le colonne di carbone attivo diventano spesso sede di attività batterica e richiedono processi di disinfezione periodica che ne riducono l’ attività; la normativa italiana vieta, in linea di massima, l’ impiego domestico di filtri a carbone attivo, per ragioni igienico - sanitarie, a meno che non siano corredati di dispositivo atto ad eliminare gli inconvenienti elencati.

Il trattamento con carbone attivo non è ammesso per le acque minerali .

Oltre ai carboni si usano come adsorbenti i polimeri macroporosi, che hanno una certa attività di scambio quando si deve allontanare anche gli ioni in soluzione; sono ottenuti mediante la copolimerizzazione di particolari monomeri: stirene, divinilbenzene, esteri ed acidi acrilici che, allontanati dopo polimerizzazione, creano nel polimero una struttura fortemente porosa.

Essendo ionicamente inattivi, la capacità adsorbente non viene influenzata dalla salinità delle soluzioni, non vengono attaccati dai composti presenti in soluzione: acidi,basi, sostanze ossidanti, ecc. ad eccezione che non siano ad elevata concentrazione.

A seconda della struttura polimerica adsorbono selettivamente alcuni composti; per l’ adsorbimento di composti apolari si usano i copolimeri a matrice stirenica, quelli a matrice acrilica si usano per composti a polarità intermedia.

Caratteristiche:

* alta selettività;

* buona capacità di scambio;

* facile rigenerabilità per stripping con vapore o per eluizione con solventi ;

* possibilità di recupero delle sostanze adsorbite.

Campi di applicazione:

* allontanamento di solventi clorurati;

* allontanamento di solventi aromatici;

* depurazione di acque, già trattate con altri processi, da residui di fenoli;

* depurazione di acque di scarico di industrie che producono composti organici.

 

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Indice percorso Edita
Edurete.org Roberto Trinchero