Aspetti di civiltà latina nell'opera del poeta Marziale di Cristina Venturino

EPIGRAMMA II, 7, ANCORA SUL FACCENDONE: LA FIGURA DEL FACCENDONE; LA SCUOLA A ROMA

In Marziale ci troviamo spesso di fronte ad uno stesso tema trattato in modi diversi in diversi componimenti. Il poeta colpisce, in questo e nell’epigramma precedente, il tipo del “faccendone” (qui, nel componimento 7° del 2° libro, ad Attalo si sostituisce Attico), ovvero di colui che si agita, corre continuamente qua e là, si affanna inutilmente, sembra che faccia sempre molte cose ma in realtà non conclude nulla.

Declamas belle, causas agis, Attice, belle; / historias bellas, carmina bella facis; / componis belle mimos, epigrammata belle; / bellus grammaticus, bellus es astrologus, / et belle cantas et saltas, Attice, belle; / bellus es arte lyrae, bellus es arte pilae. / Nil bene cum facias, facias tamen omnia belle, / vis dicam quid sis? Magnus es ardalio. Declami con grazia, discuti con grazia le cause, Attico; scrivi storie graziose e poesie graziose; componi con grazia i tuoi mimi, con grazia i tuoi epigrammi; sei un grazioso grammatico, un grazioso astrologo, canti con grazia e balli con grazia, Attico; sei grazioso nell’arte della lira, sei grazioso nel gioco della palla. Poiché non fai bene nulla, eppure fai tutto con grazia, vuoi che ti dica che cosa sei? Sei un gran faccendone [F1]

Declamas, "declami": la declamatio, ovvero la "declamazione", consisteva in una recitazione ad alta voce di un discorso accuratamente preparato su un tema fittizio (ad esempio, un problema giudiziario) ed era l’esercizio principale nelle scuole di retorica, nelle quali si preparavano i futuri oratori.

Mimos, "mimi": erano testi destinati alla scena, o anche alla lettura, che rappresentavano personaggi e situazioni quotidiane.

Grammaticus, "grammatico": era il docente di scuola secondaria, alla quale si accedeva a partire dagli 11 anni per imparare la lingua e la letteratura greche e latine e le nozioni fondamentali di storia, geografia, astronomia e fisica. La scuola pubblica [I1] [E1] [F1] [F2] [F3] [Es1] esisteva a Roma già in epoca repubblicana ed era organizzata in tre cicli: durante il primo ciclo veniva impartita l'istruzione primaria (leggere, scrivere, far di conto), durante il secondo si frequentava il grammaticus (di cui si è già detto), fino ai 16 anni, durante il terzo (il massimo cui un cittadino colto potesse aspirare), si andava alla scuola del rhetor (cui si è accennato poco sopra), il maestro di eloquenza, che insegnava diritto, i classici greci e latini e, soprattutto, l'arte di parlare in pubblico e di convincere l'uditorio: preparava dunque i giovani allievi all'ingresso nella vita politica e nell'attività giudiziaria. In quest'ultimo ciclo si studiavano anche filosofia, matematica e, in seguito, medicina. Infine, chi voleva perfezionarsi ulteriormente e apparteneva ad una famiglia benestante, di solito frequentava le scuole filosofiche e scientifiche più rinomate del mondo antico, come quelle di Atene, Alessandria, Rodi o Pergamo.

Astrologus, "astrologo": l’astrologia era lo studio dei corpi celesti in relazione al destino umano; nell’antichità essa era strettamente collegata con l’astronomia, riguardante la conoscenza dei corpi celesti, delle loro posizioni e movimenti.

Lyrae, "della lira": la lira era uno strumento a corde, le quali potevano essere pizzicate con un plettro o dalle mani nude (si veda il termine “lirica”, che era per gli antichi un tipo di poesia dal carattere spiccatamente soggettivo eseguita con l’accompagnamento della lira o di analoghi strumenti musicali a corda).

Pylae, "della palla": il gioco della palla era molto diffuso già presso i Romani (svariati erano i tipi di palla e i giochi che si potevano fare con essa).

Ardalio, "faccendone", "armeggione", "trafficone" [I1]: è un termine di derivazione controversa, che si diffonde nei primi decenni dell’età imperiale. Esso viene usato anche dallo scrittore di favole Fedro (15 a.C. c.a.– 50 d.C. c.a.), che descrive molto efficacemente questo tipo di individuo all'inizio di una sua favola: “C’è a Roma una genia di faccendoni (ardalionum), sempre in giro di corsa, piena di fretta, indaffarata senza vere occupazioni, affannata senza pro, fa mille cose e non ne fa nessuna, dannosa a se stessa e insopportabile agli altri”. Il protagonista di questo componimento di Marziale, Attico, è appunto un individuo che si cimenta in svariate attività, e lo fa anche con grazia, ma senza, in realtà, fare nulla veramente bene.

Esercizi

  1. Come si comporta un "faccendone"? Conosci qualcuno che si comporti così? Se la risposta è affermativa, descrivilo.
  2. Com'era strutturata la scuola pubblica romana? E la scuola del paese in cui vivi?

   10/15   

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Edurete.org Roberto Trinchero