Genocidio in guerra: la guerra civile in Nigeria e le odierne conseguenze di Ornella Biancotto (ornellabibi@libero.it), Paola Salvetti (salviocci@tiscali.it)

Evoluzione del conflitto

  • · Colpo di Stato: il 15 gennaio 1966, sulla base di un’accusa di brogli elettorali, alcune sezioni dell’esercito nigeriano diedero luogo a un colpo di Stato che portò al governo il generale Ironsi (Presidente della Nigeria). Nel golpe erano coinvolti principalmente militari di etnia Igbo. Il 29 luglio, i settentrionali contrattaccarono con un contro-golpe che porto al potere il colonnello Gowon [F1] [S1]. Le tensioni interetniche condussero al massacro di alcune minoranze Igbo cristiane presenti in alcune zone del nord. Da quel momento, gli Igbo della zona sud-est della Nigeria furono completamente esclusi e ciò contribuì ad inasprire il loro sentimento secessionista.
  • · Rottura: il 30 maggio 1967 il colonnello Ojukwu [F1] [F2] [S1], governatore militare del sud-est della Nigeria, dichiarò ufficialmente la secessione della Repubblica del Biafra. Diversi tentativi di instaurare un dialogo con la Nigeria fallirono e nel luglio dello stesso anno iniziarono i combattimenti.
  • · Guerra civile: dopo una iniziale offensiva del Biafra, il governo centrale nigeriano diede inizio a una azione di polizia volta a riconquistare le regioni secessioniste. Il 6 luglio due colonne dell’esercito nigeriano entrarono nel Biafra e distrussero le città di Nsukka e Garkem. La controffensiva del Biafra in Nigeria fallì e le truppe secessioniste furono ricacciate nei loro territori. Non riuscendo ad avanzare in modo decisivo, i nigeriani diedero inizio a un lungo assedio del Biafra, con la conquista anche della capitale Enugu. Gli Igbo continuarono a resistere nel centro dei loro territori, circondati drammaticamente dalle forze nigeriane che misero in atto un completo blocco navale, terrestre e aereo di risorse.
  • · Stallo: dal 1968 la guerra conobbe un momento di stallo, che fu il periodo più tragico. Il protrarsi del blocco, unito alle incursioni di nigeriani nelle fattorie del Biafra, portò a un disastro umanitario, con milioni di morti per fame, al punto da far parlare di genocidio. Le immagini di bambini gravemente denutriti fecero il giro del mondo e i leader del Biafra iniziarono a chiedere aiuto ai paesi stranieri contro il genocidio della loro gente. Tra i volontari, la Croce Rossa fece un lavoro enorme e si rese totalmente neutrale rispetto alle posizioni del conflitto. Nel frattempo, il Biafra cercava strenuamente di resistere, nonostante la tragedia che si stava consumando. Dopo un’ennesima disperata controffensiva, il 23 settembre 1969 l’esercito nigeriano riuscì a spezzare in due l’enclave del Biafra e le città del Biafra caddero o si arresero al fuoco nemico nel gennaio 1970. Ojukwu fuggì in esilio in Costa d’Avorio.
  • · Dopoguerra: si stima che circa tre milioni di persone siano morte durante il conflitto, principalmente per fame e malattie endemiche, il Kwashiokor [E1] [E2] [F1] [F2] [S1] [S2] per esempio, un terribile morbo che ha, come effetti visibili sul corpo, il rigonfiamento spropositato della pancia, la perdita e lo scolorimento dei capelli e l’infossamento degli occhi. Nei campi dove erano stati forzatamente spinti, nella zona centrale dei loro territori, accerchiati tutto intorno dall’esercito nigeriano, gli Igbo subirono uno sterminio per omissione di qualunque sostentamento alimentare, medico ecc… voluto e stabilito dal governo centrale. Tutti i diritti umani furono violati durante quegli anni nel Biafra: torture, saccheggi, violenze di ogni genere, migrazioni forzate e dispersione di nuclei familiari. Tuttavia, il mezzo più agghiacciante utilizzato dalla Nigeria per eliminare e punire le volontà indipendentiste di una parte dei suoi stessi cittadini, fu proprio il lento genocidio provocato dalla decisione consapevole e programmata di far morire di fame milioni di uomini, donne e bambini. Alla fine del conflitto, la situazione degli Igbo superstiti era ormai drammatica: infrastrutture distrutte, restrizioni sull’accesso ai loro conti correnti, discriminazioni sul lavoro e nell’impiego pubblico, riduzione a una condizione di estrema povertà, sfruttamento dei proventi del petrolio a favore solo del nord e non delle regioni sud-est dell’ex Biafra.

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