I numeri di Eandi Elisabetta (elisaeandi@yahoo.it), Fanelli Claudio (fclod@libero.it), Maggi Linda (maglin@libero.it), Vitale Anna Rita (arvl@libero.it)

La storia dei numeri

I Caldei, gli antichi abitanti della Mesopotamia, avevano osservarono che il Sole sorgeva nei vari periodi dell'anno in punti del cielo differenti e che dopo circa 360 giorni, il ciclo ricominciava. Essi si resero conto anche che la Luna rimpiccioliva giorno dopo giorno per poi ritornare a crescere e riprendere l'aspetto di "Luna piena" dopo 30 giorni circa. Ora, 360 diviso 30 fa 12 e 12 erano appunto le costellazioni dello zodiaco, cioè i settori del cielo occupati da stelle, associati dagli antichi prevalentemente ad animali, entro i quali trovava sistemazione il Sole nei dodici periodi nei quali era stato diviso l'anno.
Ma l'anno non dura solo 360 giorni, bensì 365 e 6 ore circa, né vi sono 12 lune, cioè 12 mesi di trenta giorni in un anno, perciò la divisione dell'anno proposta dai Caldei fu successivamente corretta, anche se rimase inalterata la suddivisione della circonferenza in 360 parti, chiamate gradi, ripartizione correlata alla divisione della linea dell'orizzonte in 360 parti, e perciò di origine astronomica. Trecentosessanta tuttavia è un numero troppo grande per essere usato come unità di misura, quindi i caldei preferirono, come base di numerazione, la sua sesta parte, cioè il numero sessanta [I1], [E1], [F1], [ES1].
Risolto il problema di come contare, rimaneva quello di scrivere i numeri. Inizialmente furono usati simboli che erano delle raffigurazioni schematiche dette cuneiformi, perché si ottenevano affondando su tavolette d'argilla la punta di uno stilo metallico detto cuneo. Introdotti dai Babilonesi circa tremila anni prima di Cristo, furono utilizzati dagli Egizi che per scrivere i numeri adottarono un sistema a base decimale. Vi era un simbolo speciale per ogni potenza del dieci e per scrivere gli altri numeri si ricorreva ad una legge additiva, cioè si ripeteva più volte lo stesso simbolo (al massimo però fino a nove volte, perché poi si inseriva un apposito simbolo per il numero superiore).
I Greci furono ottimi geometri, infatti la geometria che si studia oggi nelle scuole è la cosiddetta geometria euclidea, formulata dal greco Euclide [I1], [E1], [F1], [ES1] circa 300 anni prima di Cristo, ma furono pessimi matematici, tanto che, per scrivere i numeri, si avvalsero di diversi sistemi, tutti molto approssimativi e di difficile impiego. Il più diffuso utilizzava le lettere dell'alfabeto che, a quel tempo, era costituito di ventisette simboli. Questa arretratezza nella scrittura dei numeri, e conseguentemente nella pratica del conteggio, sta nel fatto che nella loro cultura le arti pratiche, cioè le attività di commercianti e artigiani, erano considerate di meno valore rispetto alla filosofia e la poesia alle quali si dedicava la classe dirigente. Questa specie di indifferenza o addirittura di disprezzo verso il “contare” si protrarrà nei Paesi d'Europa per tutto il Medioevo e, forse, c’è tutt’oggi.
Nel Sud del Messico e nell'America centrale circa 5000 anni fa, si sviluppò la civiltà dei Maya che usarono uno dei sistemi di numerazione più interessanti dell'antichità. Poiché erano completamente tagliati fuori dalle civiltà mediterranee, tutta la loro cultura si sviluppò in modo indipendente e così pure il loro sistema di numerazione, che si basava solo su tre simboli: un punto, un segmento e un quadrato. Essi potevano scrivere qualsiasi numero usando solo questi simboli scritti verticalmente. Il loro sistema di numerazione era in base 20. Matematici eccellenti, conoscevano il concetto di zero, cioè di un numero che indica la quantità nulla, e lo rappresentavano con un simbolo speciale, un ovale. La loro più grande invenzione fu quella di un sistema posizionale in cui le cifre hanno valore diverso a seconda della posizione occupata (le unità sono a destra) [I1], [E1] , [F1, [ES1] .
I sistemi di numerazione dei Cinesi, invece, erano in base 10 ed ebbero tre sistemi distinti di numerazione, il più diffuso si basava sul metodo additivo, poiché il simbolo dell'unità era ripetuto tante volte quante erano le unità che si volevano rappresentare, ed anche sul metodo moltiplicativo. I numeri sono molto eleganti; i numeri ordinali sono uguali a quelli cardinali, ma sono preceduti da un segno distintivo particolare [I4], [E1], [F1], [ES1].
I Romani usarono un sistema di numerazione a base decimale i cui simboli, i cosiddetti numeri romani, erano una modificazione di quelli degli Etruschi, gli antichi abitanti dell'Italia centrale, i quali si ispirarono, per la loro rappresentazione, alla forma delle mani e delle dita. I primi tre simboli della numerazione romana rappresentano una (I), due (II) o tre (III) dita distese della mano, il cinque (V) costituisce il disegno schematico della mano aperta e il dieci (X) potrebbe rappresentare approssimativamente due mani aperte e congiunte, attraverso i polsi. Contrariamente ad altri popoli, i Romani per scrivere i numeri utilizzarono meno simboli in quanto usarono sia l'addizione che la sottrazione. Quando i simboli si susseguivano da sinistra a destra in valore crescente allora si sommavano, se invece una cifra di minor valore precedeva una di valore maggiore veniva sottratta. Così, ad esempio, XVIII significava dieci più cinque più tre, cioè diciotto, mentre IX significava dieci meno uno, cioè nove. [I1], [E1], [F1], [ES1].

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