Gravitazione universale di Giovanni Bertolo (satprem69@libero.it), Gianfranco Bottini (gbottini@gmail.com), Emanuele Ciancio (ciancio@isiosf.isi.it), Raffaele Serra (serraraf@alice.it)

La gravitazione universale

La gravitazione universale La gravitazione IT2 IT3 EN1 EN2 EN3 FR1 FR2 FR3 ES1 ES2 è forse la parte più conosciuta dell’intera opera di Newton.
Anche in questo caso le osservazioni e le intuizioni più importanti ebbero luogo durante il ritiro forzato a Woolsthorpe a causa dell’epidemia di peste.
È celebre l’episodio, narrato da Newton stesso, della caduta di una mela dall’albero: egli diceva che tale fenomeno, osservato un giorno mentre era assorto nei suoi pensieri, lo incuriosì, constatando che esso avveniva sempre in direzione verticale, e lo portò a domandarsi perché mai anche la luna (che probabilmente capitò nel suo campo visivo contemporaneamente) non si comportasse allo stesso modo.
Veniva così a cadere definitivamente la separazione tra il mondo terrestre e quello celeste, esistente fino dai tempi di Aristotele (IV sec. a.C.), secondo cui i due mondi avrebbero avuto nature completamente diverse tra loro, attribuendo al mondo superiore una caratteristica di perfezione negata al mondo sublunare. Tale differenza, per altro già messa in dubbio da parecchi studiosi, divenne assai labile in particolare con Galileo e con l’avvento di cannocchiali e telescopi che permisero di constatare che la superficie dei pianeti più vicini (in particolare la Luna) è di aspetto assai simile alla superficie terrestre. Sfortunatamente Galileo, anche per l’impazienza di far riconoscere le proprie scoperte e divulgarle, nonostante i contrasti con la Chiesa di Roma che si sentiva ancora minacciata dalla rivoluzione iniziata da Copernico, fu distolto dal proseguire i suoi studi.
Con Newton, vissuto nell’ambiente protestante inglese, assai più liberale rispetto a quello di Galileo, la summenzionata differenza cadde definitivamente allorché egli fu in grado di dimostrare che il comportamento della Luna e degli altri pianeti allora noti del sistema solare sottostava alla stessa legge che regola la caduta di oggetti pesanti sul pianeta Terra.
Infatti egli considerò che la Luna potesse essere vista come un proiettile lanciato perpendicolarmente al raggio Terra – Luna con forza sufficiente a impedire che essa cadesse sulla Terra, ovvero che il satellite si muovesse con una velocità tale da equilibrare la forza di attrazione centripeta (la stessa che agisce sulla mela) con la forza centrifuga che caratterizza i moti circolari dei corpi dotati di massa e definita con precisione dall’olandese Christiaan Huygens (la stessa forza che, come anche Newton stesso aveva osservato, tira verso l’esterno i bambini in un girotondo).
I primi calcoli in tal senso non furono molto precisi in quanto, nell’isolamento di Woolsthorpe, non fu possibile a Newton procurarsi dati precisi sulle dimensioni dei due pianeti e della loro distanza reciproca: pertanto inizialmente sembrò risultare che la forza gravitazionale non fosse sufficiente, da sola, a trattenere il satellite terrestre nella sua orbita e così gli studi vennero accantonati per qualche tempo.
Alcuni anni dopo, verso il 1671, l’astronomo francese Jean Picard compì una precisa misurazione EN4 FR4 ES3 di un arco di un grado di meridiano terrestre per porre le basi per gli studi dell’Osservatorio di Parigi, nato per ordine di Luigi XIV qualche anno prima. La misura diede il risultato di 57060 tese (tesa francese = m. 1,949), valore che risultò molto preciso, presentando un errore pari allo 0,1% rispetto al valore attuale. Inoltre in quegli stessi anni vengono misurate le distanze Terra – Sole (circa 150 milioni di chilometri) trovando un valore circa venti volte superiore a quello fino ad allora ipotizzato: in tal modo si rende possibile dimensionare con molto maggior precisione il sistema solare allora conosciuto, essendone già note le proporzioni.

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