Intelligenza

Nonostante l’intelligenza sia stata a lungo studiata da molti ricercatori, ancora oggi non si è arrivati ad una definizione univoca capace di fissarne le caratteristiche di maggior rilievo.

 

GENESI DELL’INTELLIGENZA

Il problema di stabilire se le facoltà intellettive siano geneticamente determinate oppure si sviluppino in seguito all'interazione con l'ambiente, si trascina da alcuni decenni, senza che siano stati raggiunti risultati conclusivi in un senso o nell'altro.

La più completa interpretazione genetica dell’evoluzione intellettiva è stata elaborata da Piaget. Egli propone un modello adattivo ed attivo della conoscenza, nel quale le strutture cognitive si creano grazie all’interazione dinamica e continua fra i processi mentali innati della persona e l’ambiente fisico e sociale. Alla base dell’attività intellettiva e dello sviluppo ci sarebbe la comune tendenza in tutte le persone a favorire l’adattamento all’ambiente, sia assimilando la realtà esterna ed accomodandosi ad essa, sia organizzando la realtà interna attraverso il coordinamento delle diverse strutture mentali.

Per Piaget lo sviluppo intellettivo può essere visto come una successione di stadi, ognuno dei quali è caratterizzato dalle strutture di conoscenza che si sono costituite. Egli distingue quattro stadi di sviluppo cognitivo per l’individuo: l’intelligenza senso-motoria, l’intelligenza preoperatoria, l’intelligenza operatoria concreta e l’intelligenza operatoria formale.

Per Bruner, invece, non è possibile parlare di mente come un’entità puramente bio-psicologica, astraendola dal quadro sociale e culturale del suo sviluppo. La mente non potrebbe esistere senza la cultura. La formazione delle menti dei nuovi membri di una comunità avviene nel quadro della trasmissione culturale intergenerazionale.

Bruner teorizza che l’intelligenza sia un insieme di strategie e procedure per risolvere i problemi, per prendere decisioni e per effettuare analisi delle informazioni acquisite. Gli strumenti cognitivi dell’intelligenza diventano quindi i sistemi di codifica, che consistono in modi di trattare le informazioni e che sono frutto dell’esperienza, della cognizione e della creatività dell’individuo, in uno specifico contesto socioculturale.

Vygotskij, come Bruner, pone in evidenza la centralità dei fattori culturali nel processo dello sviluppo cognitivo. Egli afferma che nel bambino sono presenti due momenti di sviluppo: effettivo e potenziale. La zona di sviluppo prossimale (ZSP) definisce la distanza tra il livello di sviluppo effettivo e il livello di sviluppo potenziale, consente cioè di valutare la differenza tra ciò che è in grado di fare da solo e ciò che è in grado di fare con l’aiuto e il supporto di un individuo più competente.

 Pertanto, i bambini devono essere sostenuti nel loro processo di evoluzione della personalità, perché possano realizzarsi in modo autonomo. Se il bambino dimostra di saper fare da solo quello che prima riusciva a compiere accompagnato dalla guida dell’adulto, prova che l’abilità in questione è stata interiorizzata.

Anche Feuerstein basa le sue teorie sulla nozione di modificabilità cognitiva, per la quale le facoltà intellettive possono essere accresciute non soltanto nell'età evolutiva ma anche durante tutto l'arco della vita di un individuo.

In questo percorso di sviluppo cognitivo, un ruolo fondamentale è svolto dalla mediazione sociale, poiché, secondo Feuerstein, l'apprendimento non avviene semplicemente in seguito all'esposizione diretta del soggetto agli stimoli, quanto piuttosto attraverso l'azione di un mediatore.

Partendo proprio dalla nozione di modificabilità cognitiva e  dal presupposto dell’importanza dell’apprendimento mediato, Feuerstein mette a punto due strumenti utili al potenziamento cognitivo dei bambini in difficoltà: il LPAD (Learning Potential Assesment Device), metodo diagnostico per valutare il potenziale di apprendimento, e il PAS (Programma di Arricchimento Strumentale) costituito da una serie di esercizi volti a sviluppare funzioni cognitive specifiche.

 

PLURALITA’ DELL’INTELLIGENZA

Howard Gardner è considerato il principale rappresentante della teoria delle intelligenze multiple.

Il punto di partenza della concezione di Gardner è la convinzione che la teoria classica dell'intelligenza, basata sul presupposto che esista un fattore unitario, misurabile tramite il QI, è errata. Egli giunse alla conclusione che gli esseri umani non sono dotati di un determinato grado di intelligenza generale, che si esprime in certe forme piuttosto che in altre, quanto piuttosto che esista un numero variabile di facoltà relativamente indipendenti tra loro.

Gardner arriva ad identificare almeno sette differenti tipologie di intelligenza: linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica,interpersonale ed intrapersonale

A questi tipi d’intelligenza, Gardner ha aggiunto un'ottava intelligenza, quella naturalistica e ha ipotizzato la possibilità dell'esistenza di una nona intelligenza, l'intelligenza esistenziale.

La teoria delle intelligenze multiple comporta che i diversi tipi di intelligenza siano presenti in tutti gli esseri umani e che la differenza tra le relative caratteristiche intellettive e prestazioni vada ricercata unicamente nelle rispettive combinazioni.

Anche Sternberg teorizza che l’intelligenza non sia univoca. Secondo l’autore l'intelligenza si esprime attraverso tre modalità fondamentali: analitica, creativa e pratica.

L'intelligenza analitica comprende la capacità di analizzare una situazione o un oggetto suddividendolo in parti e scendendo nei dettagli, di valutare ed esprimere giudizi e di operare confronti tra elementi diversi. Tale forma d’intelligenza sarebbe anche coinvolta quando ricerchiamo il significato di una parola o di una frase e quando affrontiamo test matematici; essa permette buoni risultati nei compiti scolastici tradizionali.

L'intelligenza creativa, legata all'intuizione, si realizza nella capacità di inventare, di scoprire, di immaginare, di ipotizzare, di affrontare con successo situazioni insolite per le quali le conoscenze e le abilità esistenti si mostrano inadeguate. A differenza dell'intelligenza analitica, che implica risposte determinate, l'intelligenza creativa è aperta a più possibilità di soluzione.

L'intelligenza pratica comprende, invece, la capacità di usare strumenti, applicare procedure e porre in atto progetti, saper organizzare, pianificare e dimostrare come si fa, ecc.

Da un punto di vista pedagogico, la teoria di Sternberg, comporta l'adozione di una prospettiva costruttivista, in quanto considera l'apprendimento come un processo attivo di costruzione della conoscenza da parte del soggetto. Studi recenti hanno sottolineato come, l’istruzione ricevuta dagli individui in sintonia con le loro abilità analitiche, creative o pratiche, porti al raggiungimento di livelli di rendimento più alto di coloro che non beneficiano di un insegnamento corrispondente alla natura delle loro abilità.

Nei processi di apprendimento entra in gioco anche un altro tipo di intelligenza, basata sulla motivazione dell’individuo a costruire percorsi di conoscenza e che ha caratteri personali.

Solitamente quando si parla di questo tipo di intelligenza, si fa riferimento all’autore Daniel Goleman, il quale ha approfondito il concetto d’intelligenza emotiva. Secondo Goleman questo tipo d’intelligenza discerne due essenziali sottocategorie: le competenze personali,

riferite alla capacità di saper comprendere le differenti forme della propria vita emozionale, e le competenze sociali, connesse al modo in cui capiamo gli altri e ci relazioniamo ad essi. L’uso che noi facciamo dell’intelligenza emotiva è vasto e costante, pertanto va coltivato, riconosciuto e programmato.

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Edurete.org Roberto Trinchero