Alunni svantaggiati

Con il termine svantaggio vogliamo indicare le conseguenze che alcune situazioni familiari ed ambientali, deprivate e negativamente condizionanti, possono determinare nel bambino. Le gravi difficoltà di apprendimento, che caratterizzano i contesti deprivati, sono il risultato dell’interazione di fattori ambientali (legati principalmente alla povertà, alla destrutturazione familiare e alla marginalità dei luoghi di vita e scolastici), con fattori di fragilità personale (condizioni fisiche, sviluppo cognitivo ed emotivo-affettivo).

Permangono, inoltre, differenze nelle opportunità educative a seconda della provenienza socio-culturale. Queste segnano non solo l’ingresso a scuola, ma soprattutto la qualità dell’offerta formativa a cui i soggetti possono accedere. I bambini che provengono dalla fascia più povera della popolazione non posseggono i mezzi che gli consentono un’adeguata istruzione primaria e secondaria.

Più in generale, gli stili di vita caotici che contraddistinguono le famiglie maggiormente deprivate, sono difficilmente compatibili con l’organizzazione formale della scuola e con l’impegno e la stabilità necessari per apprendere. Numerose ricerche connettono questi fattori con uno sviluppo cognitivo inadeguato dei bambini, con difficoltà d’attenzione e concentrazione, bassa autostima, scarse aspettative di successo e inadeguato sviluppo motivazionale e linguistico.

Nei bambini che giungono a scuola con minori competenze rispetto a quelle attese e con difficoltà cognitive che intralciano l’apprendimento, si manifestano abitualmente anche importanti deficit di autostima e bassi livelli di autoefficacia. Tali caratteristiche di personalità sono correlate anche a scarsa motivazione all’apprendimento.

Nonostante gli effetti multipli dei fattori di rischio, è possibile attivare interventi efficaci per contrastare l’insuccesso scolastico dei bambini più in difficoltà. Studi più recenti hanno focalizzato l’interesse sulle caratteristiche di bambini che, pur vivendo in ambienti fortemente connotati da fattori di rischio, risultano ben adattati e capaci di ottenere buoni risultati scolastici anche nelle difficoltà. Si tratta di soggetti definiti «resilienti». Essi manifestano abitualmente abilità di problem-solving (flessibilità e senso critico nell’affrontare le difficoltà), capacità di elaborare una visione positiva del futuro, autonomia e competenza sociale.

La scuola può favorire la resilienza degli alunni più in difficoltà in primo luogo attraverso insegnanti altamente motivati, che rappresentino figure educative autorevoli, punti di riferimento e modelli. Può poi creare le condizioni adeguate per stimolare lo sviluppo cognitivo: il ragionamento, la capacità critica e la creatività per affrontare situazioni problematiche complesse. È possibile inoltre organizzare attività  di apprendimento in cui l’alunno sperimenti il successo, rinforzando l’autostima, le attese di riuscita successive, il coinvolgimento e la motivazione ad apprendere.

 

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Edurete.org Roberto Trinchero